Se la vertebra collassa

17 settembre 2010
Aggiornamenti e focus

Se la vertebra collassa



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di Simona Zazzetta

Le vertebre hanno una forma tale che consente loro di incastrarsi e impilarsi una sull'altra a formare una struttura a colonna resistente, ma elastica e mobile. Se per vari motivi, la solidità di uno degli elementi vertebrali viene meno, tutta la struttura diventa a rischio e con essa, la salute in generale.

Ciò può accadere, per esempio, quando si verifica una frattura traumatica, ma anche quando una patologia colpisce l'osso come una metastasi tumorale o più frequentemente l'osteoporosi. In questi casi si parla di una vera e propria fragilità dell'osso vertebrale, poiché di fatto la riduzione di massa ossea assottiglia il tessuto osseo spugnoso, che costituisce la parte più estesa rivolta verso l'interno (corpo della vertebra). La frattura in questi pazienti avviene per compressione del corpo vertebrale, una sorta di collasso della parte centrale della vertebra che dalla forma a parallelepipedo, passa a una forma a cuneo. Ciò fa perdere lentamente la curvatura corretta a tutta la struttura portante, che tende a ripiegarsi anteriormente. Il risultato è facilmente osservabile come cifosi, a volte molto pronunciata (ipercifosi) e molto diffusa tra gli anziani. Queste lesioni oltre al forte dolore, possono limitare l'autonomia della paziente perchè ne compromettono la mobilità, la funzionalità polmonare e la qualità della vita. Un recente studio (Save), presentato in occasione dell'Eurospine 2010, il congresso annuale della Spine society of Europe, testimonia un aumentato rischio di mortalità nei pazienti con più di 65 anni con frattura vertebrale da compressione, non trattata chirurgicamente, rispetto a pazienti operati con una chirurgia mininvasiva (vertebroplastica e cifoplastica) in cui il rischio di morte è risultato ridotto del 43%. In questi pazienti, in sostanza, tramite intervento chirurgico eseguito per via percutanea, è stato inserito all'interno della vertebra un cemento che la consolida in maniera pressoché immediata, migliorando molti parametri, come il dolore (e quindi minor uso di analgesici) e la deformità.

Gli autori del Save hanno individuato un ulteriore vantaggio sul rischio di morte del 13%, ottenuto con la cifoplastica, una forma di vertebroplastica che sfrutta il gonfiaggio di un palloncino dentro la vertebra prima di inserirvi il cemento. Sulla scia degli interventi di angioplastica eseguiti tramite palloncino per aprire un'arteria ostruita, si è pensato di utilizzare lo stesso concetto: «La cifoplastica è un tecnica in uso in Italia da circa 10 anni» spiega Enrico Pola, ortopedico presso la divisione di Chirurgia vertebrale del Policlinico Gemelli di Roma «e premette di entrare nel corpo vertebrale collassato con un palloncino che una volta gonfiato risolleva lo schiacciamento e ripristina l'altezza della vertebra. In questo modo la colonna non caricata di peso, poiché il paziente è disteso sul tavolo operatorio, ritorna in una posizione corretta. All'interno della vertebra si crea quindi una camera di lavoro dentro cui si inietta il cemento che solidifica e mantiene lo spessore». Si procede con incisioni di circa un centimetro in corrispondenza della vertebra da trattare, al termine dell'intervento, che dura circa un'ora, eseguito in anestesia locale o generale, il paziente viene tenuto in osservazione per qualche ora. «La scomparsa del dolore è immediata e il paziente è già funzionalmente attivo» aggiunge Pola. Questa procedura trova indicazione elettiva nelle fratture da compressione dolorose, causate da osteoporosi o da tumore, recenti e senza implicazioni neurologiche. «Nella maggior parte di queste fratture» conclude Pola «non ci sono conseguenze per il midollo spinale, ma bisogna intervenire il prima possibile, proprio per prevenire l'incurvatura della colonna, ma anche ulteriori fratture: un elemento che cede mette a rischio di frattura da compressione anche altri elementi della colonna».



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