Paura di perdere gli affetti

27 febbraio 2007

Paura di perdere gli affetti


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24 febbraio 2007

Paura di perdere gli affetti

Salve Dottore, le scrivo perchè è da un anno a questa parte che mi rendo conto di esser diventata morbosamente attaccata alla mia famiglia. Le faccio un esempio facendole capire come mi comporto in situazioni analoghe; questo ultimo capodanno per esempio, piuttosto che festeggiare, stavo in ansia per l' attesa che i miei mi facessero uno squillo sul cellulare per farmi capire che erano arrivati a casa. . . Questo discorso vale per tutte le volte in cui escono un sabato sera, oppure quando fanno gite anche solo di un giorno con l'autobus. . . Alle volte, quando non riesco ad addormentarmi scoppio in lacrime perchè mi sento male al solo pensiero che prima o poi i miei verranno chiamati da Dio ed io mi sento terribilmente sola e disperata. . . Quest'anno mi sposo ed al solo pensiero di distaccarmi da loro mi rende depressa. . . Perchè mi accade qusto? Cosa mi succede? La stessa cosa capita anche a mio fratello (per quello che mi ha fatto capire) purtroppo lui è molto chiuso ed i nostri rapporti sono molto limitati ma nonostante tutto lui dice sempre che vorrebbe che morissimo tutti insieme così nessuno soffre per l'altro!! Sy

Risposta del 27 febbraio 2007

Risposta a cura di:
Dott.ssa MARIA ADELAIDE BALDO


Una delle competenza psichiche che caratterizzano la maturità è la capacità di "staccarsi" dalle persone o luoghi dell'infanzia. Staccarsi non significa abbandonare e tanto meno ignorare. Significa semplicemente che ad un certo momento si diventa consapevoli che il processo di vita è proprio un continuo rinnovare le relazioni affettive in funzione di nuovi progetti. Amare i genitori è una cosa molto bella, ma il senso della vita è superare l'originaria simbiosi per poter costruire a nostra volta una famiglia, o comunque una nostra identità. Anche dal punto di vista del genitore la capacitàù del figlio di staccarsi rappresenta un successo: infatti vuol dire che il genitore è stato capace di dare, attraverso l'educazione e l'affetto, forza e sicurezza. Quindi il figlio che si stacca dalla famiglia per proseguire la propria vita è la testimonianza che la relazione con i genitori è stata molto buona. A volte, invece, si fa fatica, come capita a lei. Come se staccarsi dai genitori volesse dire fare loro del male, e farlo anche a sè stessi. E' una cosa irragionevole ma emotivamente ha il suo perchè: lei inconsciamente non è ancora riuscita a elaborare dentro di sè la certezza che anche staccandosi si possa comunque continuare a dare e ricevere amore. E' una forma di controllo: se ti vedo, se ti sono vicino, tengo tutto sotto controllo e non accadrà nulla di male. Chiaramente è un'illusione. Per superare pienamente questo disagio bisognerebbe fare una vera psicoterapia. Ma anche senza arrivare a questo, provi semplicemente a sentire dentro di sè l'amore, a sentire che anche nella lontananza potete idealmente restare in un contatto affettivo che protegge e sostiene. Mi pare di capire che lei sia religiosa: provi a pensare al significato dell' eucarestia. Non è forse questo? Imparare a tenere dentro di sè qualcosa di buono e prezioso che sorreggerà anche quando ognuno sarà andato per la sua strada? Si aiuti magari scrivedno le sue sensazioni: su un quaderno annoti i suoi sentimenti, ma in modo da sottolineare la PRESENZA degli affetti, non l'assenza delle persone.
E si ricordi che se i figli non fossero stati capaci di staccarsi dai genitori, il genere umano non esisterebbe da un pezzo!

Dott. Ssa M. Adelaide Baldo
Specialista attività privata
Specialista in Psicologia
BRESCIA (BS)



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