Meglio il dermatologo

04 maggio 2007
Aggiornamenti e focus

Meglio il dermatologo



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Nella lotta al melanoma il fattore cruciale, dopo la prevenzione, è la diagnosi, in quanto se questa è precoce il successo della terapia è elevato. Ma il melanoma continua a colpire, in America per esempio nel 2006 ci sono stati 62.000 casi e circa 7.900 morti. Estendere la diagnosi precoce resta un obiettivo da favorire e in tal senso è da valutare l’efficacia del coinvolgimento di altre figure oltre ai dermatologi, soprattutto i medici di famiglia che sono anche avvantaggiati dalla continuità di rapporto con gli assistiti. Un’analisi di questo tipo è stata compiuta da una ricerca statunitense che ha analizzato eventuali differenze nell’esito dei melanomi diagnosticati da dermatologi o non dermatologi, cioè medici di medicina generale ma anche internisti, ginecologi, oncologi, chirurghi plastici.

Spessore e mortalità inferiori


E’ una questione rilevante anche nell’ottica di razionalizzare la qualità rispetto alla spesa dell’assistenza, come premettono gli autori, ricordando che sempre negli USA i costi diretti annui per trattare i nuovi casi di melanoma ammontano a 563 milioni di dollari, con un esborso per quelli in stadio III e IV circa 40 volte maggiore che per lo stadio I. Lo studio è consistito nell’analisi retrospettiva di dati da un programma di sorveglianza sul cancro e da uno di assistenza sanitaria; si sono presi in considerazione 2.020 malati di melanoma con diagnosi effettuata da dermatologi, o da altri medici che hanno poi indirizzato i pazienti a dermatologi per conferma, o da non dermatologi senza la conferma (il 73% è risultato appartenere al primo gruppo e il restante 23% agli altri due). Si sono considerati tre principali elementi predittivi di mortalità, cioè indice di Breslow (misura dello spessore), stadio AJCC (classificazione oncologica americana), ulcerazioni istologiche. Risultato: l’individuazione da parte dei dermatologi in confronto ai non dermatologi è stata significativamente associata a Breslow minori (0,8 mm contro 1 mm) e tumori più precoci (in maggioranza 0-I-II contro III-IV), differenza non significativa per le ulcerazioni. Anche la sopravvivenza è risultata migliore per le diagnosi dei dermatologi (a sei mesi, due anni e cinque anni 98%, 87% e 74% rispettivamente, contro 95%, 79%, 69%), con minore mortalità per cancro e totale (13% e 29% contro 21% e 37%). Oltre al tipo di esecutore della diagnosi, predittivi di mortalità per tumore a due anni, in senso peggiorativo, sono apparsi solo il sesso maschile e lo stadio tumorale più avanzato, non l’età più avanzata che era invece predittiva di mortalità totale.

Favorire l’accesso allo specialista


La differenza di indice di Breslow individuata, tra 0,86 e 1 mm, non correla con quella di stadio clinico, ma lo spessore è comunque fortemente predittivo per la sopravvivenza. Questa poi è risultata maggiore nelle diagnosi dei dermatologi probabilmente per le migliori caratteristiche dei tumori ma forse anche per altri fattori, relativi per esempio al tipo di trattamento e ai controlli, come hanno mostrato altre ricerche. Altre differenze potrebbero risiedere nel tipo di pazienti che si rivolgono al dermatologo piuttosto che ad altri medici, o nell’accessibilità agli uni o agli altri. In ogni caso, lo studio suggerisce che favorire il ricorso ai dermatologi invece che a non dermatologi, soprattutto per i pazienti più anziani che presentano tassi più elevati di melanoma, come gli over 65, sia un approccio che può migliorare gli esiti del tumore ed è quindi più vantaggioso dal punto di vista sanitario.

Elettra Vecchia



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