La risposta alla pillola blu o gialla o...

11 maggio 2007
Aggiornamenti e focus

La risposta alla pillola blu o gialla o...



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A giudicare dall'attenzione della stampa statunitense, al di là degli ipocolesterolemizzanti, e ben prima degli antibiotici, il grande business sono i farmaci per le disfunzioni erettili. Un mercato, riporta DrugResearcher che secondo un rapporto di Spectra Intelligence, una società di ricerche di mercato, vale oggi 1,7 miliardi di euro.

Un lucroso affare


Un segmento di mercato dominato in sostanza dai tre inibitori della 5 fosfodiesterasi e, quindi da Pfizer, Lilly e Bayer. Un mercato in cui non si risparmiano certo gli investimenti pubblicitari, sempre negli Stati Uniti, soprattutto quelli rivolti direttamente al consumatore. Tra l'altro un consumatore sempre più giovane, a giudicare da spot e foto, e quindi con un messaggio sottostante centrato più sull'ottimizzazione delle prestazioni che sul trattamento di un deficit grave.
Come che sia, anche questa riserva dei tre colossi farmaceutici potrebbe essere violata a breve da un trattamento più intelligente, come usa dire oggi. Si tratta di una terapia genica di un tipo anche abbastanza semplice, il trasferimento di DNA nudo, resa praticabile anche dalla accessibilità del tessuto bersaglio, vale a dire la muscolatura liscia dei corpi cavernosi. Più in dettaglio, si tratta di veicolare nei corpi cavernosi il gene hSlo che codifica per i canali Maxipotassium. L'espressione del recettore provoca l'apertura dei canali del potassio "e quando questo avviene, la migrazione degli ioni potassio all'esterno della membrana cellulare del miocita, questa si polarizza e si ha il rilassamento del muscolo", quindi l'afflusso di sangue e l'erezione, spiega Arnold Melman, direttore del Dipartimento di urologia dell'Albert Einstein College of Medicine della Yeshiva University e fondatore della Ion Channel Innovations. Non sorprenderà nessuno aggiungere che è alla Ion Channel Innovations che si deve la messa a punto del ritrovato.

Non si tratta solo di erezione


Per ora la ricerca ha raggiunto lo stadio della Fase I,cioè su volontari sani, dimostrando alcuni vantaggi dell’approccio genetico: l’effetto è molto duraturo e la terapia è sinergica con sildenafil e sostanze analoghe. Inoltre si elimina l’effetto collaterale più spesso denunciato, cioè il priapismo. Tutto roseo? Restano due aspetti critici. Il primo è culturale: la terapia genica, a causa della scarsa affidabilità dei vettori virali, non gode di buona stampa, e non sarà facile far capire che questo tipo di trasferimento di DNA nudo è tutt’altra cosa, soprattutto perché le sequenze introdotte non si incorporano al DNA cellulare. L’altro, più concreto, è la via di somministrazione, che richiede un’iniezione nei corpi cavernosi. Niente di nuovo, è vero: era così anche con la prostaglandina, ma certo una manovra che può suscitare avversione in una parte dei potenziali utenti. D’altra parte, secondo Melman, l’ hMaxi-K, come è stato battezzato il gene trasferito, agisce egualmente bene sia nella disfunzione erettile diabetica sia in quella dovuta all’invecchiamento. Inoltre, non si presta soltanto a questa applicazione, ma anche al trattamento della cosiddetta vescica iperattiva, condizione che si basa anch’essa su una condizione spastica della muscolatura liscia interessata. Si apre così, secondo alcuni commentatori, un altro mercato miliardario, sì perché di miliardi si parla, visto che lo stesso rapporto della Spectral Intelligence prevede una crescita del segmento a 5 miliardi di dollari entro un decennio, cioè un volume d’affari più che raddoppiato. Peraltro, Melman prospetta, prima del passaggio alla fase II della sperimentazione nella disfunzione erettile, l’inizio dei trial di fase I per la vescica iperattiva. Insomma, prima il dovere poi il piacere: troppo gentile.

Maurizio Imperiali



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