Aids

20 giugno 2008
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"Picchia duro, picchia presto" è stato sino ad oggi il motto della terapia farmacologica all'Aids. Ora con l'ottava conferenza sui farmaci retrovirali, in programma a Chicago, verranno stilate nuove linee guida per il trattamento della malattia. Le ragioni? Innanzitutto la necessità di trovare nuovi trattamenti che permettano di evitare le controindicazioni pesanti e lo sviluppo di insensibilità alle cure, poi la scarsità dei medicinali in relazione soprattutto alla diffusione della malattia nelle zone più povere del mondo, l'Africa in particolare, dove non ci si può permettere costosi trattamenti come quelli a base di farmaci retrovirali.

Stop ai farmaci forti da subito

Il problema dell'individuazione del momento ideale per iniziare la terapia antiretrovirale è fondato sulla necessità di individuare, per ogni singolo paziente, il giusto equilibrio tra il trattare "troppo presto" (con il rischio di "bruciare" le opzioni terapeutiche, oltre ad introdurre una potenziale riduzione nella qualità della vita) e il trattare "troppo tardi" (quando il sistema immunitario abbia già subito danni notevoli e la risposta è minore).
Un obiettivo delle nuove linee guida è quello di posticipare la terapia antiretrovirale nei pazienti asintomatici, in modo da ridurre gli effetti collaterali. Si è così innalzata la carica virale plasmatica, cioè la quantità di virus presente nel sangue, alla quale iniziare il trattamento.
Così facendo non si influenza in alcun modo né la mortalità né il tempo di sviluppo della malattia, mentre si eliminano pesanti controindicazioni come l'aumento del colesterolo e il progressivo indebolimento delle ossa; inoltre la somministrazione prolungata rende l'organismo meno sensibile alle cure. Un discorso valido comunque solo per i pazienti asintomatici mentre per gli altri la strategia terapeutica resterebbe invariata.

I nuovi farmaci

Le nuove linee guida includono anche indicazioni su alcuni nuovi farmaci studiati per fermare lo sviluppo dell'AIDS. I farmaci fino ad oggi utilizzati possono essere fatti rientrare in tre categorie che possono essere anche associate tra loro: inibitori della proteasi e inibitori della trascrittasi inversa nucleosidici e non. Si tratta di farmaci in grado di inibire la replicazione del virus una volta che l'infezione è già avvenuta. Una nuova classe di farmaci sono i cosiddetti "inibitori d'ingresso" (entry inhibitors) che bloccano l'HIV ancora prima che si insedi a livello cellulare. Una prospettiva importante per i pazienti intolleranti alla terapia tradizionale. Altre novità dalla ricerca riguardano un nuovo inibitore della proteasi, di imminente realizzazione, e i risultati ottenuti con diverse combinazioni di farmaci. Un'ultima possibilità da non sottovalutare riguarda la terapia antibiotica classica, per esempio con il comune trimetoprim-sulfametazolo, che può impedire ai malati di Hiv di sviluppare alcune infezioni. La notizia apre nuove possibilità per i milioni di sieropositivi africani che non hanno le risorse economiche necessarie a fronteggiare terapie più costose.

Africa a rischio

L'AIDS si sta diffondendo a un ritmo allarmante in tutto il mondo, ma in Africa siamo alla vera e propria emergenza: dei 33,6 milioni di malati di AIDS mondiali, 23,3 vivono nell'Africa Sub-sahariana, il 70% degli infetti totale. Un problema aggravato dall'alto numero di donne malate che ha superato del 5-6% quello degli uomini, un dato preoccupante perché le donne incinte trasmettono facilmente il virus al feto. L'Africa è così destinata a diventare una terra di orfani e anziani con un'aspettativa di vita che potrebbe scendere a breve attorno ai trent'anni. Diventa così fondamentale trovare nuove strategie farmacologiche. Nei paesi più ricchi infatti i pazienti, come sottolineato, sono curati con un cocktail di medicine retrovirali che costano, in relazione alle esigenze del paziente stesso, circa 15000 dollari l'anno ossia 30 milioni di lire. Una cifra spropositata per l'economia africana. Ecco perché le case farmaceutiche hanno annunciato donazioni per aiutare i paesi africani a combattere contro il virus e Bill Gates, presidente di Microsoft, ha destinato cento milioni di dollari, oltre duecento miliardi di lire, alla lotta contro l'AIDS in Bostwana, dove un adulto su tre è sieropositivo! Ed ecco perché il giudice della Corte Suprema africana Edwin Cameron, come riportato da CNN durante la conferenza di Durban, ha condannato "i prezzi ingiusti e immorali delle medicine e il sistema di concessioni internazionali". Lo stesso Cameron ha esortato le case farmaceutiche a ridurre i prezzi in maniera consistente, "immediatamente e senza ulteriori ritardi", un appello echeggiato da molti altri rappresentanti alla conferenza.

Marco Malagutti



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