La mammografia fa bene

04 febbraio 2005
Aggiornamenti e focus

La mammografia fa bene



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Un'iniziativa presa in Danimarca circa quindici anni fa è stato lo spunto e lo scenario di un studio che ha permesso di valutare la validità dei programmi di screening nella prevenzione dei tumori. Nella fattispecie il tumore in questione era quello che colpisce il seno e l'esame proposto è stata la mammografia.

Un esame salvavita


Si tratta di un esame che è attualmente l'unica prevenzione possibile per questo tipo di tumore. La strategia fondamentale è intercettarlo prima che possa avere conseguenze gravi, cosa possibile con l'effettuazione periodica della mammografia, con la quale si diagnosticano carcinomi ancora in fase iniziale. Una diagnosi precoce permette il trattamento della malattia in uno stadio con una migliore prognosi e l'applicazione di terapie chirurgiche e mediche meno aggressive e meno invalidanti. Si tratta di un esame indispensabile dopo i 50 anni ma sicuramente consigliabile a partire dai 40 anni di età, con un intervallo consigliato di un anno, e in ogni caso non più di due.

Programma decennale


Nel 1991 a Copenaghen è stato avviato un programma di esami mammografici organizzati ed estesi alla popolazione femminile, che invitava le donne ogni due anni (quindi in totale cinque inviti) ad andare a sottoporsi alla visita. Le destinatarie erano circa 40 mila donne tra i 50 e i 69 anni, dal secondo invito anche fino a 71 anni, che sono state seguite per dieci anni oppure fino alla morte. Hanno aderito più di 30 mila donne cioè il 71% delle destinatarie, a testimonianza di grande interesse e sensibilità rispetto al problema. Nello studio è stata valutata la mortalità per tumore del seno e come gruppo di controllo è stata usata la popolazione femminile nelle regioni della Danimarca non raggiunte dal programma. In effetti i risultati ci sono stati e in linea con i migliori possibili: infatti la mortalità è stata ridotta del 25% rispetto a quanto ci si aspettava in assenza di uno screening decennale. Estrapolando i risultati sulla base della selezione applicata per includere le donne nello studio il rischio relativo già basso, 0,75 scendeva a 0,63, corrispondente a una mortalità del 37% più bassa di quella attesa senza screening.I motivi sono presto detti: la malattia scoperta in fase iniziale, quando le dimensioni del tumore sono ridotte, ha probabilità di guarigione molto alte. In caso di una piccola lesione, inferiore a un centimetro di diametro, la sopravvivenza a 15 anni è superiore al 90%. Quando le dimensioni aumentano le possibilità di sopravvivenza a distanza si riducono considerevolmente. E i vantaggi sono anche terapeutici: in fase iniziale i trattamenti necessari sono spesso più semplici e comportano, nella maggior parte dei casi , un intervento chirurgico di tipo conservativo.

Simona Zazzetta



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