Quando l'uguaglianza non è un bene

14 luglio 2006
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Quando l'uguaglianza non è un bene



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Lo aveva detto recentemente Peter Boyle, direttore della Divisione di epidemiologia e biostatistica dello IEO: "con poche eccezioni la maggior parte dei paesi ha evidenziato un trend declinante nella mortalità per tumore...l'unico motivo di rammarico riguarda il tumore al polmone tra le donne". E lo diceva a ragion veduta visto che si parlava di 10613 decessi più del previsto (+32%). E questo nonostante la malattia sia da sempre considerata eminentemente maschile. Da che, infatti, dopo la seconda Guerra Mondiale, il fumo di sigaretta è diventato socialmente accettabile anche per le donne il trend è andato rapidamente modificandosi e non sembra lontano il giorno in cui si raggiungerà l'uguaglianza di genere nel tumore al polmone. A mettere nuova carne sul fuoco arriva uno studio di Jama, secondo il quale le donne col vizio hanno un rischio superiore di cancro al polmone. Il risultato è sorprendente e apre uno scenario nuovo. Ma come ci si è arrivati?

Lo studio di Jama


I numeri del problema sono rilevanti. Nel 2006, infatti, si stima che negli Stati Uniti moriranno di cancro al polmone 73020 donne e 90740 uomini. Non solo. Nella popolazione femminile i decessi per carcinoma polmonare hanno ormai superato la somma delle morti per tumore del seno e del colon. La premessa dello studio è stata così di verificare se le donne fossero, come ipotizzato, più vulnerabili degli uomini alle sostanze cancerogene del tabacco, anche se dopo una diagnosi di tumore al polmone vantano percentuali di sopravvivenza superiori. Gli autori dell'indagine hanno preso in considerazione 7498 donne e 9427 uomini over 40, con un passato di tabagismo e coinvolti in programmi di screening per il cancro polmonare promossi in Nord America fra il 1993 e il 2005. Ebbene il tumore al polmone è stato diagnosticato nel 2,1% delle donne (156) contro l'1,2% (113) degli uomini, ma fra le pazienti femmine si è osservata una minor frequenza di decessi. Come sottolinea l'editoriale che accompagna lo studio, sono due le questioni principali sollevate a proposito di donne, uomini, sigarette e tumore al polmone. Il primo aspetto è inequivocabile. Le donne nella coorte esaminata hanno un rischio più alto di tumore al polmone degli uomini. E' la prima volta che accade. Ma la popolazione esaminata è particolare, visto che si tratta di donne ultraquarantenni con un passato da fumatrici. Va anche detto che trattandosi di pazienti esaminate all'interno di un programma di screening e non con tumori sintomatici, ci potrebbe essere un eccesso di diagnosi. Quanto al secondo aspetto di rilievo, le donne si ammalano di più ma sopravvivono anche di più. E qui il ruolo dello screening è secondario. Come sempre succede, aggiunge l'editoriale quando uno studio osservazionale presenta nuovi risultati si va alla ricerca di spiegazioni biologiche. Tra le varie spiegazioni, quelle più gettonate riguardano fattori riproduttivi e ormonali. O in alternativa aspetti genetici. Ma gli aspetti metodologici, secondo il commento, sembrerebbero avere il sopravvento. Del resto una simile relazione di genere non è stata osservata in nessun altro tumore legato al fumo, come il tumore del pancreas. Il secondo aspetto è decisamente meglio documentato. Le donne sopravvivono di più alla malattia. E questo a prescindere dal tipo di tumore, istologicamente parlando, e dalla metodologia di indagine. Ma le ragioni non sono chiare e possono spaziare dalle caratteristiche del tumore a quelle fisiche e comportamentali delle donne. Cercare di capire queste differenze, conclude l'editoriale, potrebbe essere un passaggio fondamentale nella terapia del tumore. E forse prima che davvero si raggiunga l'uguaglianza anche in questo aspetto, sarebbe bene che le donne facessero un passo indietro.

Marco Malagutti



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