03 novembre 2006
Aggiornamenti e focus
Un'opportunità da non mancare
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Sembra ormai deciso, la Commissione europea adotterà ufficialmente la strategia per contrastare gli effetti nefasti dell'abuso di alcol. Un intervento necessario visti i numeri recentemente diffusi dalla stessa Commissione: le bevande alcoliche provocherebbero nel continente un eccesso di 115mila morti l'anno, nel complesso sono responsabili del 7,4% di tutte le morti e malattie premature nella UE e sono implicate nel 25% delle morti tra giovani uomini e nel 10% tra giovani donne. In più l'eccessivo consumo di bevande alcoliche è responsabile del 9% della spesa sanitaria. Il fatto è che il consumo di prodotti alcolici produce danni non solo al bevitore ma anche alle famiglie e al contesto sociale allargato. In un simile scenario può sembrare piuttosto semplice arrivare a una legislazione condivisa europea che freni gli abusi. Ma così non è. La politica si trova, infatti, spesso di fronte a molte lobby da accontentare e succede così che le scelte si complichino. Anche l'approdo a questa strategia perciò ha avuto le sue difficoltà, sempre che siano risolte. Ne parla in un editoriale il Bmj.
La strategia da adottare è in discussione da cinque anni e, ora che si è arrivati a un testo definitivo e condiviso, potrebbe ancora cadere all'ultimo ostacolo. A frenare l'approvazione potrebbe essere, spiega l'editoriale del Bmj, l'attacco pianificato dei rappresentanti dell'industria dell'alcol, che riproducono le tattiche dell'industria del tabacco. Un primo importante problema è quello di trovare strategie condivise a fronte di un unico mercato. L'esempio di paesi come la Svezia e la Finlandia è eclatante in questo senso. Prima esistevano controlli stringenti che impedivano l'accesso ad alcol a basso prezzo. Poi è arrivata l'integrazione nell'Unione Europea nel 1995 con il conseguente smantellamento di parte delle loro politiche locali e un aumento dei tassi di mortalità per cirrosi, che in un paese come la Finlandia è cresciuta del 50%. E tutto questo per favorire la liberalizzazione del mercato tanto cara ai produttori di alcolici. La Commissione si è messa al lavoro ufficialmente sulla questione nel 2001, identificando cinque temi al centro dell'attenzione: proteggere i più giovani e i bambini non ancora nati; diminuire il numero di morti per incidenti stradali dovuti alla guida in stato di ebbrezza; ridurre i danni da consumo di alcol negli adulti, in particolare se influenza il loro lavoro; aumentare il livello di informazione riguardo l'impatto sulla salute e il danno da eccessiva assunzione di alcol; creare, infine, una serie di dati condivisi e scientificamente provati per le future strategie politiche europee. La strategia prevede, poi, una serie di azioni a livello europeo: dal monitoraggio delle abitudini alcoliche dei più giovani alla legislazione in ambiti come la sicurezza stradale, la pubblicità o l'informazione al consumatore. Si potrebbe fare di più, osserva l'editoriale, ma il problema è rappresentato dai limiti nei poteri dell'Unione. E anche queste modeste proposte potrebbero fallire per il freno posto da associazioni di produttori di alcolici con in testa l'Associazione Europea dei Birrai. Un'azione mirata a ridimensionare i danni da alcol che riproduce quella già adottata dall'industria del tabacco per ridimensionare i danni da fumo passivo o dall'industria chimica per quelli da agente arancio. Le associazioni sostengono, per esempio, che non esista un legame diretto tra pubblicità e consumo, il che spinge a chiedersi perché spendano così tanto in campagne promozionali. Il compito della Commissione è arduo, conclude l'editoriale, ma non bisogna in alcun modo cedere come fatto con l'industria del tabacco. Ne va della salute dei cittadini europei.
Marco Malagutti
La strategia europea
La strategia da adottare è in discussione da cinque anni e, ora che si è arrivati a un testo definitivo e condiviso, potrebbe ancora cadere all'ultimo ostacolo. A frenare l'approvazione potrebbe essere, spiega l'editoriale del Bmj, l'attacco pianificato dei rappresentanti dell'industria dell'alcol, che riproducono le tattiche dell'industria del tabacco. Un primo importante problema è quello di trovare strategie condivise a fronte di un unico mercato. L'esempio di paesi come la Svezia e la Finlandia è eclatante in questo senso. Prima esistevano controlli stringenti che impedivano l'accesso ad alcol a basso prezzo. Poi è arrivata l'integrazione nell'Unione Europea nel 1995 con il conseguente smantellamento di parte delle loro politiche locali e un aumento dei tassi di mortalità per cirrosi, che in un paese come la Finlandia è cresciuta del 50%. E tutto questo per favorire la liberalizzazione del mercato tanto cara ai produttori di alcolici. La Commissione si è messa al lavoro ufficialmente sulla questione nel 2001, identificando cinque temi al centro dell'attenzione: proteggere i più giovani e i bambini non ancora nati; diminuire il numero di morti per incidenti stradali dovuti alla guida in stato di ebbrezza; ridurre i danni da consumo di alcol negli adulti, in particolare se influenza il loro lavoro; aumentare il livello di informazione riguardo l'impatto sulla salute e il danno da eccessiva assunzione di alcol; creare, infine, una serie di dati condivisi e scientificamente provati per le future strategie politiche europee. La strategia prevede, poi, una serie di azioni a livello europeo: dal monitoraggio delle abitudini alcoliche dei più giovani alla legislazione in ambiti come la sicurezza stradale, la pubblicità o l'informazione al consumatore. Si potrebbe fare di più, osserva l'editoriale, ma il problema è rappresentato dai limiti nei poteri dell'Unione. E anche queste modeste proposte potrebbero fallire per il freno posto da associazioni di produttori di alcolici con in testa l'Associazione Europea dei Birrai. Un'azione mirata a ridimensionare i danni da alcol che riproduce quella già adottata dall'industria del tabacco per ridimensionare i danni da fumo passivo o dall'industria chimica per quelli da agente arancio. Le associazioni sostengono, per esempio, che non esista un legame diretto tra pubblicità e consumo, il che spinge a chiedersi perché spendano così tanto in campagne promozionali. Il compito della Commissione è arduo, conclude l'editoriale, ma non bisogna in alcun modo cedere come fatto con l'industria del tabacco. Ne va della salute dei cittadini europei.
Marco Malagutti