Cambiare aria non basta

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Cambiare aria non basta



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I disturbi dell'apparato respiratorio sono tra i più frequenti. Tralasciando le malattie infettive acute (dalla polmonite alla tubercolosi) la gran parte dei disturbi sono di origine allergica oppure sono conseguenze di processi patologici che hanno condotto a un'alterazione della funzionalità respiratoria. Una tubercolosi non curata o gravi forme di polmonite con ricadute successive possono causare questo effetto, così come l'esposizione a sostanze quali l'amianto, altri irritanti e, ovviamente, il fumo. Le più frequenti di queste situazioni sono enfisema e BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva) nota anche come bronchite cronica, tipica dei forti fumatori. C'è poi forse il disturbo più diffuso di tutti che è una sequela di raffreddori, bronchiti acute eccetera che è tipica di chi risiede in centri urbani fortemente inquinati, dove è pesante l'effetto delle polveri sospese nell'aria.

Una regola generale


Nella stagione estiva l'ambiente urbano è assolutamente il meno salubre per chi soffra di problemi respiratori, indipendentemente dalle origini dei disturbi. La differenza la fa la produzione di ozono che aumenta grazie al mix tra l'azione dei motori a scoppio e le elevate temperature. L'ozono infatti ha l'effetto di aumentare l'espressione nell'epitelio respiratorio delle molecole di adesione, strutture che intervengono in tutte le reazioni infiammatorie, e quindi anche in quelle allergiche. Di qui non soltanto l'invito a lasciare la città quando la canicola e il traffico si presentano assieme, ma anche a evitare di uscire nelle ore più calde. E questo vale sia per i giovani affetti da asma allergica sia per gli adulti e gli anziani portatori di malattie croniche.

Quanto conta la pressione (dell'aria)


Stabilito che è meglio non restare in città, quale meta scegliere? La prima distinzione importante riguarda la pressione d'ossigeno, quindi la pressione atmosferica. Chi soffre di gravi insufficienze respiratorie dovrebbe evitare le alte quote. Infatti, sopra i 1800-2000 metri l'aria comincia a rarefarsi e quindi anche la quantità di ossigeno condotta ai polmoni a ciascuna inspirazione e, in un apparato respiratorio già poco efficiente, questo può condurre anche a ipossia e alla necessità di ricorrere all'ossigeno. In caso di insufficienza respiratoria media-grave, quindi, sarebbero preferibili vacanze al mare, dove la pressione d'ossigeno è massima. L'ideale sarebbe il Mar Morto che, essendo situato in una depressione, ha una pressione barometrica ancora superire a quella registrabile, per esempio, in una spiaggia della riviera romagnola.
Questo non significa che l'insufficienza respiratoria escluda l'esercizio, anzi questo fa parte della cosiddetta riabilitazione polmonare, ma deve essere condotto in base a un programma elaborato da uno specialista e, soprattutto, in condizioni controllate.
Lo stesso fenomeno, la minore pressione d'ossigeno, può invece tornare a vantaggio di chi, soprattutto se fuma o è molto sedentario, si sente sempre "a corto di fiato". Infatti, da una parte, la necessità di aumentare il ritmo respiratorio costituisce una vera e propria ginnastica, dall'altra la minore pressione d'ossigeno induce una maggior produzione di globuli rossi, in quanto l'organismo si attiva per catturare la maggiore quantità possibile di ossigeno dall'aria rarefatta.
Sempre per chi soffra di bronchite cronica, non è inutile ricordare che vanno evitate le malattie da raffreddamento e le infezioni delle vie respiratorie, che quasi sempre conducono a una riacutizzazione dell'insufficienza respiratoria. Quindi particolare attenzione a evitare la sudorazione eccessiva e gli acquazzoni senza ombrello e cerata (situazione molto comune in zone come il Salisburghese, per esempio).

Gli allergeni

Nei casi di asma allergico montagna e campagna non vanno scartati a priori, ma vanno fatte alcune considerazioni generali. E' ovvio che quando si è allergici a pollini andrebbe evitata la stagione della fioritura, almeno per quanto riguarda campagna e lago. Per la montagna il discorso cambia, in quanto in alta quota, posto che esista vegetazione, difficilmente è del tipo capace di scatenare allergie. I pollini delle conifere, per esempio, raramente sono all'origine di reazioni allergiche.
Le pollinosi, dunque, sono una malattia stagionale, dal momento che il loro presentarsi dipende appunto dalla fioritura delle piante. Non è però una questione di calendario, ma di condizioni meteorologiche: se la primavera anticipa o ritarda lo stesso accade per le malattie che di norma l'accompagnano. Quindi se si è avuta una fioritura anticipata grazie a una stagione calda, è probabile che già a luglio il problema pollini sia ridimensionato. Sicuramente alla fine dell'estate, e quindi in agosto inoltrato, se non ci sono stati grandi ritardi nell'arrivo delle temperature elevate, i pollini non sono presenti in quantità tale da risultare fastidiosi. Certamente recandosi al mare il soggetto allergico rischia comunque meno.
Non ci sono soltanto i pollini, comunque, quindi chi fosse allergico all'acaro o alle muffe dovrà evitare per quanto possibile i climi umidi o anche semplicemente le sistemazioni (appartamenti, alberghi eccetera) che presentano un'elevata umidità.

Conta la lunghezza del soggiorno

Se si ha un week-end a disposizione è impossibile risentire positivamente del clima diverso, mentre invece gli effetti negativi si sentono tutti. Anzi, affrontare lunghe trasferte, sconvolgendo tutti i propri ritmi può essere controproducente: passare senza allenamento dalla città in pianura alle piste di sci a 3.000 metri senza dar modo all'organismo di adattarsi può soltanto causare stress. Certo se si abita a pochi chilometri dal mare o dalla montagna il discorso è diverso. Già con una settimana a disposizione, si può ottenere qualcosa di più, ma è potendosi fermare almeno un mese che si avvertono veri benefici.
Ovviamente, però, in caso di malattie di una certa rilevanza la meta deve essere scelta assieme al medico.

Maurizio Imperiali



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