Rieducazione dietetica dopo un approccio con dieta chetogenica per il trattamento dell'obesità

15 ottobre 2018
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Rieducazione dietetica dopo un approccio con dieta chetogenica per il trattamento dell'obesità



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La ricerca sulla dieta chetogenica è iniziata all'inizio del 1900 come una modalità per gestire l'epilessia principalmente quella farmaco- resistente. Inducendo la chetosi, si ottiene nei pazienti una riduzione della frequenza e della gravità dell'attacco epilettico ed un miglioramento della funzione cognitiva, evidenziando la capacità dei chetoni di fornire energia alternativa al cervello. Dagli anni '60 in poi, le diete chetogeniche a basso contenuto di carboidrati (VLCKD) sono diventate più comunemente note come metodi per il trattamento dell'obesità. Gli studi dell'ultimo decennio hanno iniziato ad ipotizzare ed in parte a dimostrare il potenziale terapeutico delle diete chetogeniche in molte condizioni patologiche, tra cui diabete, l'ovaio policistico, l'acne, le malattie neurologiche (epilessia, Alzheimer, degenerazione cognitiva), i tumori ed il miglioramento dei fattori di rischio nelle malattie respiratorie e cardiovascolari.

È indubbio però che il campo terapeutico in cui si esplica maggiormente l'utilizzo della dieta chetogenica è quello che riguarda il sovrappeso e l'obesità, anche nel caso di grave obesità (BMI>40) sia come trattamento medico che in previsione di chirurgia bariatrica. Se vi è un generale consenso sugli apporti calorici e la distribuzione dei nutrienti durante il periodo di chetosi (kcal 600- 800, carboidrati 20- 50 g, proteine 1,2 kg/peso corporeo ideale) ed anche sulla durata del periodo di chetosi (al massimo 16 settimane come da documento EFSA) non esistono praticamente riferimenti scientifici validi sulle modalità per far uscire il paziente dalla chetosi e portarlo ad una graduale rieducazione alimentare, se non quello di modulare progressivamente l'introduzione di carboidrati, fino ad un apporto in linea con le linee guida per una corretta e sana alimentazione mediterranea ed al mantenimento del peso desiderabile.

Non avendo quindi una letteratura scientifica che possa supportare validamente un protocollo di transizione della chetosi, dalla fase intensiva di dimagrimento alla fase di mantenimento, possono essere ipotizzate due diverse metodologie: una più tradizionale di progressiva transizione utilizzando step crescenti di apporti calorici (Gripeteg 2010, Chang 2017) oppure una ipotesi che prenda in considerazione un approccio multifasico in cui progressivi aumenti calorici vengono alternati a periodi più ristretti chetogenici di durata variabile: giorni o settimane (Paoli 2013, Cincione 2018) . La letteratura più recente, ed il concetto espresso nei lavori di Goodpaster di "flessibilità metabolica" ritengo che orienteranno le future ricerche verso la tipologia di approccio multifasico alternato, che attraverso la ciclizzazione della quantità di carboidrati e del carico calorico, e quindi dei periodi chetogenici e non chetogenici, dovrebbe permettere sia un migliore mantenimento della attivazione metabolica raggiunta attraverso la prima fase VLCD chetogenica, sia la conservazione di quella flessibilità metabolica che dovrebbe ostacolare la riduzione del metabolismo di base post dimagramento e la sua stabilizzazione su livelli più bassi.

Si potrebbero quindi fare tre ipotesi di transizione e mantenimento post VLCKD per il trattamento della obesità:

  • Trattamento multifasico
    Aumento progressivo dell'apporto calorico in fasi differenti da 1200 a 1600 kcal, aumentando al contempo la quota di carboidrati dal 20 al 40% sempre a basso indice glicemico;


  • Trattamento ciclico lungo
    Cicli da quattro a dodici settimane, in cui si alternano periodi con apporti calorici da 1200 a 1600 kcal, con apporti in fibre da alimenti integrali fino a 50g e incremento di MUFA e PUFA all'interno della quota lipidica (semi e frutta oleosa, olio EVO) e incremento dell'attività fisica a periodi di chetogenica classica VLCDK;


  • Trattamento ciclico breve
    Cicli da quattro a sedici settimane con quote caloriche da 1200 a 1600 kcal con apporti in fibre da alimenti integrali fino a 50 g e incremento di MUFA e PUFA all'interno della quota lipidica (semi e frutta oleosa, olio EVO) e incremento dell'attività fisica, in cui per cinque giorni alla settimana si rientra in chetosi utilizzando se desiderato i meal replacement, e per due giorni alla settimana (ad es sabato e domenica) si esce dalla chetosi seguendo le indicazioni come "mediterranea classica" sopra citate.

A queste tre ipotesi si potrebbe associare l'alternanza dei nutrienti ai singoli pasti (dissociazione) e la variazione del "timing" dei pasti (almeno 12 ore tra la cena e la colazione) . Come già detto queste sono ipotesi ancora in divenire e devono essere ulteriormente validate con studi ad hoc, soprattutto a lungo termine. Indubbiamente, qualsiasi ipotesi di transizione soprattutto nel lungo periodo, potrà permettere il mantenimento del calo ponderale solo se sarà accompagnata da un follow- up estremamente attivo nei confronti del paziente (Hall 2018), come stanno a dimostrare, negli Stati Uniti, i risultati ottenuti con il progetto "Virta Clinic" (Hallberg 2018) .

Fonti:

Goodpaster BH, Sparks LM. Metabolic Flexibility in Health and Disease. Cell Metab 2017;25: 1027- 1036

Bhanpuri NH, Hallberh SJ, Williams PT, et al. Cardiovascular disease risk factor responses to a type 2 diabetes care model including nutritional ketosis induced by sustained carbohydrate restriction at 1 year: an open label, non- randomized, controlled study. Cardiovasc Diabetol. 2018 May 1;17 (1) :56


Chang JJ, Bena J, Kannan S. Limited carbohydrate instruction for long term weight maintenance following a ketogenic very- low- calorie meal plan. Endocr Pract. 2017 Jun;23 (6) :649- 656



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