Farmaci e Dna: a ognuno la sua terapia

08 febbraio 2010
Aggiornamenti e focus

Farmaci e Dna: a ognuno la sua terapia



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A tutti, prima o poi, capita di dire o sentir dire frasi del tipo: "quel farmaco a me non fa assolutamente nulla" o viceversa "questo è l'unico rimedio che trovo veramente risolutivo". L'efficacia di molti farmaci, in effetti, non è scontata né tantomeno garantita: ciascun individuo rappresenta un'entità distinta dagli altri, e come tale presenta caratteristiche proprie anche nella modalità con cui reagisce alle terapie. Ecco qualche dato pratico: dal 10 al 30% della popolazione non risponde agli Ace-inibitori, una classe di antipertensivi, fino al 50% a una particolare tipologia di antidepressivi e fino al 70% ai beta-2-stimolanti, impiegati nel trattamento dell'asma. Si può affermare che in media il 30% dei pazienti non traggono i vantaggi attesi da un determinato principio attivo oppure ne subisce maggiori effetti indesiderati. Questo spiega perché il medico deve preoccuparsi non non tanto della malattia quanto del malato a cui si trova di fronte: in altre parole la prescrizione di una terapia implica un'attenta riflessione che deve tenere in considerazione una molteplicità di fattori e non soltanto l'obiettivo da raggiungere. Se indaghiamo in profondità scopriamo che la radice del problema risiede nella variabilità genetica. Per esempio un individuo potrebbe essere maggiormente dotato di proteine (enzimi) che trasformano più rapidamente un farmaco, contribuendo, a seconda dei casi, ad attivarlo, potenziandone o prolungandone magari l'azione, o viceversa a renderlo subito inefficace. A fronte dell'acquisizione di tale consapevolezza da parte dei ricercatori sono nate due discipline: la farmacogenetica e la farmacogenomica. La prima si occupa di verificare come le differenze genetiche influenzino la risposta ai farmaci, l'altra parte invece dallo studio delle differenze genetiche per elaborare farmaci nuovi. La farmacogenetica si propone quindi di predire l'efficacia e la tollerabilità di un principio attivo nella consapevolezza che il suo comportamento all'interno dell'organismo varia in funzione delle informazioni contenute nel Dna di ciascuno. Spetta invece alla farmacogenomica identificare i farmaci più indicati a gruppi specifici di pazienti grazie alla messa a punto di opportuni test. Il futuro consentirà quindi la possibilità di personalizzare sempre più le terapie e di raggiungere una triplice finalità:
  • scegliere sin da subito la terapia più adatta al singolo individuo;
  • ottimizzare l'efficacia dei farmaci;
  • ridurne gli effetti collaterali e ottenere anche un risparmio economico.

Piercarlo Salari



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