Tra sconti e supermarket

23 dicembre 2005
Aggiornamenti e focus

Tra sconti e supermarket



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Tra le questioni che hanno movimentato il 2005 c’è stata la spesa farmaceutica, e il prezzo dei farmaci. Non è una novità, è da anni che si batte questo tasto. La differenza, però, è che quest’anno si è parlato soprattutto della spesa che i cittadini sostengono direttamente, e non di quella che sostiene lo Stato per i farmaci prescritti a carico del Servizio sanitario. In particolare, si è parlato di farmaci da banco (OTC) e di farmaci senza obbligo di prescrizione (SOP), in pratica quelli senza ricetta. Chiunque abbia viaggiato in Europa ha sperimentato che questi farmaci costano meno, anche molto meno, che in Italia. Inoltre, per esempio in Francia, non è raro che vi siano promozioni in farmacia, anche il classico prendi due paghi uno. In effetti, confrontando il costo di un farmaco OTC e quello dello stesso farmaco in versione prescrivibile la differenza è notevolissima. Nel caso dell’ibuprofene, un antinfiammatorio di uso molto comune, 24 compresse da 200 mg costano 7,80 euro come OTC, mentre 30 compresse da 400 mg (quindi con una quantità di farmaco doppia) costano 5,14 euro nella versione che deve essere prescritta dal medico. La ragione è presto detta: mentre lo Stato ha la forza per contrattare il prezzo con i produttori, il singolo Mario Rossi, no. Ma l’ipotetico Mario Rossi ha speso di più, spende molto? Secondo i dati (ufficialissimi) dell’OsMed, la spesa per i farmaci da banco, nei primi nove mesi del 2005, è stata di 1583 milioni, con un aumento del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.

Sconti in farmacia? Offerte tra i banchi?


Per ovviare a questa situazione vi sono state due iniziative. La prima, partita dal basso con associazioni di consumatori appoggiate da una parte della grande distribuzione (Coop), è stata lo proposta di vendere i farmaci al supermercato. La seconda è stata la legge 149, voluta dal Ministro della salute Storace, che prevede che le farmacie pratichino sconti fino al 20% su questi farmaci. Tutte e due, però, rischiano di fallire il bersaglio.
Vendere al supermercato può, in teoria, far abbassare i costi grazie agli sconti per quantità (modello:”se ne prendo due paia, mi fa uno sconto?”). Però anche il supermercato, se compra grandi quantità di farmaci, poi dovrà venderli, quindi promuoverli: con gli altri prodotti funziona così. Il fatto è che ancora una volta salta fuori la radicale differenza tra una medicina e qualsiasi altro prodotto. Mentre uno può anche comprarsi 40 paia di scarpe e cambiarsele due volte al giorno, non è il caso di riempirsi i cassetti di analgesici e aumentare il consumo perché “sono convenienti” ( lo stesso, a rigore, varrebbe anche per le merendine...). Quindi il fatto che possa esserci un risparmio senza incentivi al consumo è opinabile. Insomma, con i farmaci le leggi commerciali standard saltano tutte.

Pochissima concorrenza


Anche i risparmi ottenibili dalla Legge 149 sono opinabili, anche se va dato atto che il Ministero si è adoperato per farla funzionare. Due settimane fa è stato firmato un protocollo di intesa tra ministero e Federfarma (l’associazione dei farmacisti), che impegna quest’ultima a invitare le farmacie a praticare lo sconto previsto dalla legge, nella misura massima possibile e su tutti i SOP e gli OTC, dandone chiara informazione ai cittadini, con vetrofanie che indichino in maniera equivocabile le percentuali di sconto applicato. Però, gli inviti sono inviti, non obblighi. E poi, perché l’unica farmacia di un piccolo centro dovrebbe fare sconti se non ha concorrenza. E in caso di nevralgia o febbre, si deve cercare la farmacia “più a buon mercato”. Hanno buon gioco i farmacisti a osservare che il problema è alla fonte. "Oggi quello che è alto è il prezzo fissato delle case farmaceutiche produttrici, che per di più hanno la tendenza a fare cartello” ha detto Roberto Bolognesi, presidente di Ravenna Farmacie Srl (ex Azienda speciale Farmacie comunali). In effetti è strano che i farmaci da banco con lo stesso principio attivo abbiano lo stesso prezzo, è strano che non vi sia concorrenza su questo piano, come invece avviene in altri casi. Insomma, lo sconto andrebbe chiesto al produttore. Oppure, bisognerebbe cominciare a chiedersi se, anche in questo caso, a volte non si esageri per consumismo. Non è che ogni volta che ci si sente strani si deve “prendere qualcosa”.

Maurizio Imperiali



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