Per qualche pastiglia in più

10 marzo 2004
Aggiornamenti e focus

Per qualche pastiglia in più



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Tra le domande tipiche poste da qualsiasi medico che vede un paziente per la prima volta c'è quella relativa ai farmaci in uso. Non è certo una domanda aleatoria in quanto sono molti i principi attivi che possono interagire tra loro perdendo di efficacia, o addirittura creare danni alla salute. In quel momento il paziente deve richiamare alla memoria tutti, ma proprio tutti i medicinali che assume, anche quelli che forse non sembrano farmaci perché magari non necessitano di prescrizione medica o sono stati acquistati in erboristeria o in farmacie omeopatiche.
Tali raccomandazioni sembrano piuttosto scontate ma non è esattamente così stando almeno a quanto emerge da una recente indagine comparsa su America Journal of Obstetrics and Gynecology condotta su un campione di donne.

Farmaci e non


Le pazienti in questione erano donne non in gravidanza alle quali sono state poste alcune domande sul consumo di farmaci, in diversi momenti, in un periodio di 42 mesi. Le 567 donne hanno partecipato a 776 colloqui, e nove donne su dieci faceva uso di farmaci prescritti dal medico, il 96% ricorreva a farmaci da banco per l'automedicazione e il 59% usava prodotti fitoterapici. Il colloquio è stato organizzato in tre fasi: la prima era una domanda aperta sull'uso generale di farmaci seguita poi da domande sull'eventuale uso di medicinali per condizioni patologiche specifiche, infine è stato loro chiesto se usavano farmaci specifici o prodotti di origine vegetale. Gli operatori hanno notato che a ogni domanda le pazienti sembravano ricordare sempre più farmaci in particolare tornavano loro in mente di avere usato farmaci da banco o prodotti fitoterapici. E se da un lato dichiaravano di non ritenere importante menzionarli, dall'altro erano timorose nel farlo in quanto si trattava di medicina fai-da-te.

Interazioni indesiderate


Un dato importante riportato dall'indagine sottolinea che mentre il consumo di prodotti di origine vegetale rimaneva pressoché costante e solo leggermente più alto nelle donne in menopausa, il numero di farmaci prescritti aumentava con l'età. Il rischio di interazione quindi aumentava. Molte donne per esempio ricorrono all'iperico come antidepressivo in quanto agisce in modo simile a certi antidepressivi comunemente prescritti. Una donna su quattro assumeva antidepressivi prescritti dal medico, ma erano molte le donne che dichiaravano di usare contemporaneamente prodotti fitoterapici per la stessa indicazione. E' stato anche dimostrato che l'iperico riduce l'efficacia dei contraccettivi orali, e interagisce con i digitalici per il cuore, con gli immunosoppressori, con le terapie per l'HIV (Indinavir) e con gli anticoagulanti (cumarinici). In particolare precedenti studi hanno dimostrato che ci sono almeno 30 integratori di origine vegetale, tra i quali ginkgo biloba, danshen (Salvia miltiorrhiza), aglio, olio di semi di borragine, che aumentano il rischio di emorragie pericolose per la vita di pazienti in cura con questi anticoagulanti.
E' quindi consigliabile tenere bene a mente ciò che si assume soprattutto se si stanno seguendo terapie croniche o prolungate, ma in linea di massima è bene farlo comunque e se la memoria gioca brutti scherzi magari si può ricorrere a un piccolo quaderno o diario da non dimenticare quando ci si rivolge al medico per una visita. Insomma, in questi casi è meglio non farsi trovare impreparate, la salute ne trarrà giovamento.

Simona Zazzetta



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