Cerivastatina

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Cerivastatina



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E allora? Tutti avvelenati per la lotta al colesterolo? A giudicare dalle notizie, e dalla reazione del pubblico, questa è l'impressione, così come si ha l'impressione che tutti farmaci che dovrebbero abbassare i lipidi ematici siano nella stessa barca, cosa che non è.

Che cos'è la cerivastatina


E uno dei farmaci che abbassa in modo mirato il livello di colesterolo nel sangue, agendo su un enzima, HMgCoA-reduttasi, fondamentale per la sintesi del colesterolo da parte dell'organismo. I farmaci con questo meccanismo d'azione sono denominati statine, classe della quale che, oltre alla cerivastatina, comprende altre molecole: sinvastatina, fluvastatina, atorvastatina e pravastina e lovastatina, tutte commercializzate anche in Italia. Nel nostro paese la prescrizione delle statine, regolata dalla Nota 13 della Commissione Unica del Farmaco, è riservata al trattamento dell'iperoclesterolamia che non risponde alla sola dieta nei pazienti che hanno un levato rischio di andare incontro a un primo infarto e in quelli che soffrono di cardiopatia ischemica, cioè di un disturbo delle coronarie, a sua volta causato dall'aterosclerosi, cioè dal deposito sulla parete delle arterie di una placca formata in gran parte dal colesterolo. Precedentemente le statine erano rimborsate dal Servizio Sanitario soltanto se prescritte per la prevenzione secondaria, cioè ai pazienti che già avevano subito un infarto. La cerivastatina era commercializzata dalla Bayer con il nome di Lipobay, ma la stessa molecola era alla base anche di altri due farmaci, Cervasta e Stativa, commercializzati rispettivamente da Fournier e Chiesi.
Anche se sono tutte statine, tra le molecole citate ci sono alcune differenze: lovastatina e pravastatina sono molecole di origine naturale, estratte da una particolare specie di funghi, la simvastatina è una molecola semisentica, la fluvastatina è interamente sintetica e, infine, cerivastatina e atorvastatina sono molecole di nuova generazione purificate, cioè che contengono, delle due possibili forme della molecola, soltanto quella più attiva.

Che cosa è successo


Fin dalla loro introduzione, le statine hanno mostrato tra i loro effetti collaterali la rabdomiolisi, un fenomeno nel quale le cellule dei tessuti muscolari tendono a "rompersi". La rabdomiolisi può presentarsi sia a seguito di traumi che interessano i muscoli, o anche di sforzi molto prolungati, sia per l'azione di sostanze tossiche sia come effetto collaterale di altri farmaci diversi dalle statine, per esempio un antibiotico come l'isoniazide, e anche da sostanze voluttuarie come alcol e anfetamine.
La rabdomiolisi può avere conseguenze fatali sia quando porta all'insufficienza d'organo, per eccessiva distruzione del tessuto muscolare, sia per l'entrata in crisi dei reni che non riescono a smaltire l'eccesso di sostanze riversate in circolo dal muscolo colpito.

Tutte le statine, quindi, hanno questo effetto collaterale molto raro, che però si è dimostrato più frequente con la cerivastatatina. Da sola o male accompagnata? Questo è l'altro punto della questione.
Negli Stati Uniti si sono verificati a oggi 31 casi di rabdomiolisi mortale Un'altra ventina di casi è stata registrata in tutto il mondo, 3 dei quali in Germania. Dodici tra i pazienti americani deceduti assumevano la cerivastatatina assieme al gemfibrozil, un farmaco della famiglia dei fibrati. Queste sostanze abbassano anch'esse il tenore di grassi nel sangue, ma non di colesterolo quanto di trigliceridi. Questa associazione risulta effettivamente pericolosa, tanto è vero che la Bayer ha oggi disposto il ritiro della cerivastatina anche dal mercato giapponese proprio perché in quel paese viene ora introdotto il gemfibrozil, precedentemente non registrato. Anche nell'unico caso italiano per il quale c'è concordia nell'attribuire la responsabilità al farmaco (quello di Bologna) è implicata proprio l'associazione con il gemfibrozil. Un altro aspetto di cui si dovrebbe tenere conto è che negli Stati Uniti si impiegano dosaggi più elevati di quelli registrati in Europa (0,8 mg, mentre in Italia si arrivava al massimo a 0,4).

Di chi la colpa?

Intanto, per quanto accurati e numerosi siano gli studi che conducono alla registrazione di un nuovo farmaco, è ben difficile prevedere tutti i possibili eventi avversi. Intanto perché per quanto si cerchi di selezionare campioni di malati rappresentativi, è difficile riuscire a compendiare in uno studio clinico tutte le possibili situazioni. Inoltre, le condizioni dello studio non sono quelle dell'impiego corrente. Infine, è solo il tempo che può dare risposte ragionevolmente sicure, e gli studi precedenti alla registrazione non si estendono mai per molti anni. Per questo diviene importante la cosiddetta farmacovigilanza, cioè la segnalazione alle autorità sanitarie di tutti i casi anomali legati all'impiego di un certo farmaco dopo che è entrato nell'uso.
Non è la prima volta, del resto, che farmaci nuovi o meno nuovi dimostrano, una volta entrati nell'uso al pubblico. Nel 1999 un antibiotico della Pfitzer, la trovafloxacina, provocò un certo numero di casi di grave insufficienza epatica, tanto che negli Stati Uniti venne assoggettato a serie restrizioni e nell'Unione Europa non venne mai autorizzata la commercializzazione. Anche senza arrivare al ritiro, per alcuni farmaci si precisa solo nel tempo la sicurezza e così accade che vengano aggiunte sulla scheda tecnica, e quindi sul foglietto illustrativo delle avvertenze: è il caso di un antireumatico della Aventis di recente introduzione: la leflunomide. Molto spesso non si tratta di questioni allarmanti per tutta la popolazione indiscriminatamente, ma per particolari gruppi di popolazione.
Non tutto, quindi, si può prevedere, e difatti le autorità sanitarie rimproverano alla Bayer soprattutto il fatto di averne dato notizia prima agli azionisti e ai media che alle autorità sanitarie. In particolare, il ministero della sanità tedesco ha detto di avere ricevuto comunicazione dell'aumento dei casi di rabdomiolisi soltanto dopo che erano stati avvertiti i giornali e, inoltre, facendo riferimento a dati che la Bayer già possedeva il 15 giugno.
E' questa ipotesi, cioè che l'azienda abbia preso tempo, alla base delle indagini avviate in Italia.

L'associazione pericolosa

Se l'associazione con il fibrato è una condizione che favorisce pesantemente l'insorgere della rabdomiolisi, c'è da chiedersi su quali basi sia stata attuata. In effetti, una recente rassegna di tutti gli studi comndotti su questo tipo di terapia (fibrato + statina) tenderebbe a dimostrare che in effetti qualche beneficio c'è, nelle persone in cui la statina da sola non riesce a tenere sotto controllo i grassi nel sangue. Però è stato dimostrato che c'è un aumento dei casi di rabdomiolisi, quantificato nello 0,12%, ragion per cui si consigliava di riservare l'associazione a casi attentamente valutati. D'altra parte già dal 1999 sono apparse segnalazioni di eventi mortali dovuti al trattamento con cerivastatina e gemfibrozil. Tanto che nella scheda tecnica della cerivastatina era stata inclusa l'avvertenza (secondo alcuni tardiva) di non effettuare questa associazione, un segno che evidentemente per la cerivastatina le cose andavano un po' peggio che con le altre statine.
Sempre in questa rassegna è emerso che sono più propense a sviluppare questa reazione avversa le persone di sesso femminile, gli anziani, chi soffre di malattie del fegato o dei reni, i diabetici, i forti bevitori e le persone che, praticando un'intensa attività fisica, mettono già a dura prova i muscoli.

E adesso che si fa?

Intanto è bene ricordare che le statine rimangono ancora uno dei principali farmaci anti-colesterolo disponibili e, secondo la maggior parte delle linee guida, quello di prima scelta. Chi assume una statina, quindi, non deve smettere di usarla. Chi invece assumeva proprio la cerivastatina farà bene a consultare il proprio medico per stabilire una terapia alternativa. Chi assumeva la cerivastatina e il gemfibrozil farà bene a smettere: si tratta di un'associazione espressamente controindicata, e a rivolgersi al proprio medico.

Si tenga presente che i sintomi della rabdomiolisi sono:
  • Dolori muscolari
  • Debolezza
  • Febbre
  • Nausea
  • Urine scure
Il dolore muscolare può essere generalizzato, oppure localizzarsi in una sola area; di solito i punti più colpiti sono le caviglie e le vertebre lombari (la parte bassa della schiena).

Maurizio Imperiali



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