Analgesici, occhio alla pressione

16 marzo 2007
Aggiornamenti e focus

Analgesici, occhio alla pressione



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I comuni antidolorifici sono tra i farmaci più utilizzati in assoluto, sostanze sicure per l'automedicazione, ma in ogni caso farmaci. Anche quelli più consolidati, cioè, non sono esenti da potenziali rischi, che è bene inquadrare per poter adottare eventuali cautele d'uso. Alcuni studi hanno per esempio indicato la possibilità di un certo aumento del rischio d'ipertensione con gli analgesici più diffusi, quali gli antinfiammatori non steroidei (FANS) e l'acido acetilsalicilico (ASA, l'aspirina e altri), e il paracetamolo. Un nuovo studio americano di popolazione tutto al maschile conferma ora un moderato incremento di rischio con queste molecole, da tenere presente in relazione a un loro ampio utilizzo, come alla prevalenza anch'essa ampia dell'ipertensione. Gli analgesici più usati negli States sono il FANS ibuprofene, l'ASA e l'acetaminofene cioè il paracetamolo.

Come nel Nurses' Health Study


Ci sono diversi meccanismi noti attraverso i quali queste sostanze possono determinare aumenti pressori: inibizione di molecole vasodilatatorie (prostaglandine), incremento del riassorbimento renale di sodio, aumento dello stress ossidativo cellulare, possibile peggioramento della funzione endoteliale. L'associazione tra gli analgesici e il rischio ipertensivo è apparsa tra le altre in due vaste ricerche prospettiche tra infermiere statunitensi, il Nurses' Health Study e il NHS II; in questa nuova ricerca si è voluto indagarla specificamente nel sesso maschile, per assunzioni più elevate che nell'altro trial maschile Physicians Health Study, e comprendendo il paracetamolo finora meno presente negli studi. I 16.031 soggetti analizzati erano anche questa volta operatori sanitari, partecipanti all'Health Professionals Follow-up Study in corso dal 1986; si trattava di uomini sani d'età tra 57 e 71 anni, con indice di massa corporea o Bmi tra 23,2 e 27,2, non ipertesi.
Nei quattro anni del periodo d'osservazione, i casi incidenti d'ipertensione sono stati 1.968. Fatte le correzioni per fattori confondenti, per tutti e tre i tipi di analgesici è apparsa un'associazione significativa e indipendente con la probabilità di eccessi pressori: rispetto alla frequenza settimanale di assunzione, per quella di sei-sette giorni in confronto a nessuna assunzione il rischio relativo era salito a 1,34 per il paracetamolo, a 1,38 per i Fans e a 1,26 per l'ASA. I risultati sono stati simili quando si è considerato invece della frequenza il numero di compresse assunte alla settimana; il totale per chi ne aveva usate 15 o più rispetto a nessuna il rischio relativo era 1,48.

Più probabilità nei sovrappeso


Il moderato aumento di rischio ipertensivo è analogo a quello riscontrato dallo studio NHS, con partecipanti della stessa età, mentre nel NHS II con partecipanti più giovani era più alto; nello studio attuale l'associazione tra analgesici assunti e probabilità d'ipertensione non è apparsa significativamente modificata dal fattore età. Si è osservato invece con il paracetamolo un rischio maggiore di eccesso pressorio per i partecipanti più snelli, con BMI inferiore a 25, al contrario che con i FANS per i quali il rischio era più elevato negli uomini sovrappeso (per l'ASA nessuna modifica con il BMI). Il meccanismo non è chiaro, è possibile che si sovrappongano gli effetti del BMI alto (come stress ossidativo e disfunzione endoteliale) a quelli degli analgesici. Quanto alla possibilità che i soggetti che assumono queste medicine si sottopongano più spesso a visita medica e più facilmente venga loro diagnosticata l'ipertensione, il 93% dei partecipanti ha detto di essersi fatto controllare una volta durante il follow-up, e considerando questo fattore nell'analisi statistica i risultati non sono variati. Se il rischio potenziale dunque esiste, bisogna però rilevare che nello studio si è legato ad assunzioni di analgesici piuttosto elevate, forse più comuni negli Stati Uniti, ma certo meno usuali da noi.

Elettra Vecchia



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