Lavori in corso

17 dicembre 2004
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Per ora non si riesce a curarla, ragion per cui la ricerca è orientata quantomeno verso il rallentamento della progressione della sclerosi laterale amiotrofica, il cui aggravamento è inesorabilmente fatale. La buona notizia è che al momento sono tanti i farmaci sotto esame e sono molte le ricerche in corso, che affrontano la malattia sotto i suoi diversi aspetti, anche se alcuni di questi sono ancora alla prima fase di sperimentazione, in cui vengono valutate tollerabilità e sicurezza più che l'efficacia terapeutica.Per esempio è molto recente la notizia relativa all'impiego dei fattori di crescita per cercare di proteggere il motoneurone. Un'équipe belga-olandese del Flanders Interuniversity Institute for Biotechnology (Lovanio) ha sperimentato l'uso del fattore di crescita vascolare-endoteliale (Vegf) in topi geneticamente modificati. Somministrando il Vegf, ottenuto con la tecnica del DNA ricombinante, direttamente nei ventricoli cerebrali, è stata osservata una sopravvivenza più che triplicata, nel dettaglio questa aumentava di 22 giorni, mentre l'insorgere della paralisi veniva rallentato di 17 giorni. Per ora è stata testata su cavie affette da una forma di SLA a decorso rapido i cui sintomi sono simili a quelli caratteristici della SLA cosiddetta bulbare, che si sviluppa nel 25% dei pazienti e provoca la morte in circa un anno. La terapia aveva anche effetti protettivi sulle sinapsi neuromuscolari e rallentava la comparsa della paralisi.

Sicuri sì, efficaci forse


Nel 2002, invece, si parlò di una possibile utilità della minociclina, un antibiotico ad ampio spettro della classe delle tetracicline; la rivista americana Nature pubblicò i risultati di una ricerca condotta su topi geneticamente modificati per sviluppare la malattia. Negli animali si osservò un effetto protettivo sul neurone: il farmaco poteva bloccare il rilascio delle molecole che conducono la cellula all'apoptosi, cioè alla sua morte programmata. In questo modo avrebbe potuto rallentare lo sviluppo della malattia degenerativa. In un congresso internazionale dedicato alla malattia, tenutosi nel novembre 2003 a Milano, sono stati presentati i risultati di due studi americani condotto su piccoli campioni di pazienti che hanno confermato la sicurezza e la tollerabilità della minociclina nell'uomo. Quanto all'efficacia entrambi parlano di poche differenze statisticamente e clinicamente significative rispetto al gruppo di controllo trattato con placebo.Un altro farmaco ancora sotto esame è il tamoxifen, un agente antitumorale, che inibisce gli enzimi protein-chinasi, che sono ampiamente diffusi nel midollo spinale di pazienti affetti da SLA, e che nei topi ha dimostrato ritardare la comparsa dei sintomi. Il tamoxifen agisce più efficacemente quanto più alta è la dose ma potenzialmente provoca nel breve termine vampate di calore. Uno studio clinico, limitato a tre mesi di osservazione su 100 pazienti, ha dimostrato un piccolo effetto direttamente correlato alla dose, ed effetti collaterali tollerabili.Qualche anno fa, fu proposta la creatina come integratore alimentare di possibile efficacia, in quanto simile alla creatin-fosfato, componente essenziale del sistema di produzione energetica delle cellule muscolari. In realtà nessuno degli studi clinici condotti ha ottenuto risultati clinicamente significativi, ma l'ultimo di questi si è concluso a febbraio del 2003 ed è ancora in fase di elaborazione dei dati.

Sicuro, efficace e costoso


Sull'origine della sclerosi laterale amiotrofica ci sono diverse teorie una delle quali imputa un effetto tossico all'accumulo nella sinapsi di glutammato, un aminoacido neurotrasmettitore. Su questo aspetto della malattia si è cercato di intervenire con il riluzolo, un farmaco che riesce a modulare il rilascio del glutammato. L'efficacia, ancora una volta, purtroppo, non può misurarsi in termini di guarigione o di miglioramento dei sintomi, ma piuttosto in un prolungamento della sopravvivenza, per ora limitato a due o tre mesi. Il riluzolo è stato approvato dalla Food and Drugs Administration, come terapia per la SLA, ma rimangono ancora dubbi sull'efficacia in pazienti anziani oltre i 75 anni, e anche sui costi molto alti della cura.

Nel futuro le staminali

Un fronte di ricerca molto recente, che vede anche l'Italia in prima linea, è la sperimentazione con le cellule staminali. L'equipe della dottoressa Letizia Mazzini, dell'Università di Torino, aveva osservato che nei modelli animali l'impianto di cellule staminali nel midollo spinale rallentava significativamente la progressione della malattia e prolungava la sopravvivenza. Esaminando il midollo degli animali trattati non è stato ancora chiarito se le cellule staminali impiantate abbiano sostituito i neuroni degenerati o abbiano in qualche modo sostenuto quelli che erano in procinto di morte. Il metodo è stato, quindi, testato su 7 soggetti umani; le cellule staminali mesenchimali (cioè molto indifferenziate) sono state prelevate dal midollo osseo di ciascun paziente e prima di essere impiantate sono state fatte crescere, anzi "espandere" cioè crescere senza differenziarsi, in un mezzo di coltura per circa un mese. Dopo l'impianto sono stati verificate sicurezza e tollerabilità del metodo, e i risultati sono stati incoraggianti tanto da proseguire con uno studio pilota di fase I, che continuerà a monitorare, per ora, la sicurezza del metodo. Sull'efficacia, invece, gli stessi ricercatori torinesi hanno ammesso che sarà necessario eseguire ulteriori studi, anche se già in questo sono stati osservati rallentamenti nel declino muscolare.Su questo metodo sperimentale, comunque, oltre alle incertezze scientifiche e la necessità di proseguire le ricerche, pendono anche questioni etiche e umane. In primo luogo il paziente non prende una semplice medicina ma deve sottoporsi a un intervento, decisione non facile da prendere soprattutto in questa lunga fase ancora del tutto sperimentale. Lo testimoniano le parole di Luca Coscioni, esponente del Partito Radicale, affetto da SLA e incluso tra i sette pazienti dello studio di Torino: "Decidere di fare da cavia non e' stata una scelta facile. Ha comportato e sta comportando notevoli sacrifici psicologici e fisici. Per molti mesi, sono stato indeciso. Non sapevo quale fosse la cosa migliore da farsi. Lasciare che la malattia progredisse e attendere l'esito della sperimentazione; oppure tentare la carta dell'autotrapianto, senza sapere ciò a cui sarei andato incontro?".Inoltre, esistono ancora numerose controversie di natura bioetica per questa come per altre sperimentazioni con le cellule staminali. Aspetti non ancora risolti e regolamentati da norme che spesso non si basano soltanto sui risultati che il paziente potrebbe ottenere.

Simona Zazzetta



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