Aiuti umanitari

21 marzo 2003
Aggiornamenti e focus

Aiuti umanitari



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Finiti i tempi delle trattative diplomatiche, si pensa a come arginare i danni umanitari di un conflitto inevitabile e inevitabilmente disastroso. La situazione irachena di partenza non è certo felice e un conflitto di questa portata non potrà che peggiorare una realtà che non si è ancora rialzata dall'esperienza della guerra del Golfo del 1991. E se sul fronte militare gli Stati Uniti e i loro alleati hanno schierato le proprie risorse contro Saddam Hussein, le organizzazioni umanitarie sono da tempo mobilitate per prepararsi a lottare contro le inesorabili conseguenze devastanti di una guerra troppo spesso annunciata in questi ultimi 12 anni.

Scenari possibili


Il dispiegamento degli aiuti umanitari è stato preceduto da un dimensionamento del fenomeno, una stima delle emergenze cui si dovrà far fronte. "Una catastrofe mai vista in nessun altro paese" sostiene Walter Fust, capo dell'Agenzia Elvetica per lo Sviluppo e la Cooperazione, che ha presieduto una conferenza convocata a febbraio dalla neutrale Svizzera, alla quale hanno preso parte i Paesi limitrofi all'Iraq, i Paesi che contribuiscono agli aiuti e le agenzie umanitarie delle Nazioni Unite, ma disertata dagli USA.
Oggi il 60% della popolazione irachena (16 milioni di persone) riceve dal governo i mezzi per il sostentamento quotidiano (farina, latte, riso, olio, benzina) grazie al programma "oil for food", se venisse interrotto il 60% di queste persone non avrebbe accesso a beni di primissima necessità. L'Alto Commissariato per iRifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) prevede che 900 mila rifugiati avranno bisogno di assistenza, di cui 100 mila necessiteranno di assistenza immediata; le oscillazioni di queste cifre dipendono da quale sarà la durata della guerra e dall'apertura o meno delle frontiere dei paesi limitrofi.
Lo scoppio di una guerra avrebbe un grave impatto sulle fragili infrastrutture irachene e sulla capacità del governo di garantire i servizi di base. Nelle aree urbane verrà probabilmente a mancare l'energia elettrica, si bloccheranno quindi gli impianti di trattamento dell'acqua e dei rifiuti, ragion per cui si prevede che il 50% della popolazione non avrà accesso all'acqua potabile. Le riserve di cibo nelle case degli iracheni dureranno circa 6 settimane, poi per 10 milioni di persone sarà emergenza cibo.
Le stime per gli effetti sanitari non sono certo più rosee: sono 500 mila le persone che dovranno essere assistite per danni più o meno gravi, 100 mila saranno le vittime dirette e 400 mila quelle indirette, cioè provocate dalle epidemie.

Contraddizioni umanitarie


Per quanto da tempo in preparazione, gli aiuti umanitari non sono ancora pronti ad arginare gli effetti del conflitto. In realtà anche l'esercito americano è organizzato per portare aiuti umanitari, lo ha fatto in caso di catastrofi naturali e lo fa in caso di guerra, anche quando è lo stesso esercito a condurla (curiosa coincidenza!). Ed è pronto anche ora ad adempiere a questo compito, ma non senza sollevare polemiche da parte di chi vuole fare altrettanto ma non vuole farlo a fianco dell'esercito americano. Molte organizzazioni non governative (ONG) a scopo umanitario e gli stessi singoli donatori non vogliono dare il proprio sostegno alle forze di occupazione o di intervento militari. Medici senza frontiere (MSF), ONG Premio Nobel per la pace 1999, denuncia l'istituzione di un Ufficio per la ricostruzione e gli aiuti umanitari presso il Pentagono che dovrà dare un "via libera" affinché tutte le organizzazioni di assistenza possano operare. MSF però, come la Croce Rossa Internazionale, non ha accettato l'invito ad abbandonare Bagdad rifiutando un'azione umanitaria militarizzata. "L'esercito americano" sostiene Mark Bartolini, direttore regionale per il Medio Oriente dell'International Rescue Committee "vuole occuparsi degli aiuti umanitari nei primi giorni del conflitto e poi, quando lo riterrà opportuno, permettere alle ONG di entrare in azione". Ma la maggior parte delle ONG vorrebbe che fosse l'ONU a guidare l'intervento umanitario

Sforzi umanitari

L'UNHCR ha disposto tende, stufe, coperte, kit igienici e beni di prima necessità in tutti i paesi confinanti con l'Iraq. Lungo le frontiere sono stati allestiti campi di accoglienza, in Iran sono dieci e ciascuno potrà ospitare fino a 20 mila profughi, in Giordania sono due per 20 o 30 mila profughi. Il World Food Programme ha immagazzinato migliaia di tonnellate di derrate alimentari nei paesi limitrofi pronte ad essere trasferite in Iraq dopo l'attacco.
Le Nazioni Unite hanno richiesto uno sforzo internazionale di 120 milioni di dollari, per la prima emergenza il WFP ne ha chiesti 23 e l'UNHCR 60, finora il finanziamento è stato parziale e le organizzazioni stanno attingendo dai propri fondi che si esauriranno molto presto, è bene quindi che, come si augura Laura Boldrini portavoce dell'UNHCR in Italia, "chi vuole andare alla guerra si assuma le proprie responsabilità anche in termini umanitari".

Simona Zazzetta



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