Chernobyl da non dimenticare

16 giugno 2004
Aggiornamenti e focus

Chernobyl da non dimenticare



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Certi eventi non si dimenticano in fretta quando segnano la vita in modo indelebile, e se per il resto del mondo l'incidente del reattore nucleare di Chernobyl è stato solo uno dei tanti, alcuni paesi dell'Est stanno ancora pagando il conto. Ed è molto salato.
Nell'aprile del 1986 l'incidente provocò il rilascio di una notevole quantità di materiale radioattivo sulle regioni orientali che allora facevano parte dell'Unione sovietica. Radioisotopi dello iodio, del cesio, dello stronzio e del plutonio contaminarono il territorio e l'aria in particolare nella Bielorussia e nell'Ucraina. Era impensabile che non ci sarebbe stato un impatto sulla popolazione che ha continuato a respirare quell'aria e a nutrirsi con prodotti provenienti dalla loro terra. In particolare si è pensato che la presenza di radioisotopo dello iodio (iodio 131) potesse influenzare il tasso di insorgenza di tumori della tiroide, dal momento che lo iodio rientra nella costituzione chimica degli ormoni tiroidei. Incremento per esempio già registrato in Giappone nei sopravvissuti all'esplosione atomica del 1945.

Rischi non quantificati


Con un'esposizione a una dose così alta di radiazioni era molto probabile che ci sarebbe stato un incremento del numero di casi di tumore della tiroide in particolare nei bambini. Ma non sono stati fatti studi sufficientemente lunghi e ampi per documentare il reale impatto di questa patologia. Un recente studio americano, pubblicato sull'International Journal of Epidemiology, ha quantificato il drammatico incremento dei casi di tumore tiroideo verificatosi in Bielorussia.
I dati sono stati raccolti dal registro dei tumori attivo dal 1953 ed è stata fatta una distinzione tra zone, e quindi, popolazioni di malati, a elevata esposizione e a bassa esposizione.

Donne a rischio


Il tasso di tumori è stato verificato anche nelle varie fasce di età: nei soggetti che avevano meno di due anni che al momento dell'incidente vivevano nelle aree contaminate, tendevano a sviluppare forme tumorali che invadevano altre aree oltre alla ghiandola tiroidea.
Lo studio ha confermato che la categoria più a rischio è rappresentata dalle donne, che nelle aree che erano state più esposte alle radiazioni, avevano una probabilità 12 volte maggiore di sviluppare la patologia, il rischio "scendeva" a 8 nelle zone meno esposte. Nelle ragazze con meno di 14 anni nelle zone più a rischio del paese il tasso di tumore aumentava fino a 30 volte.
Il dibattito su cosa ha provocato questo incremento di casi è ancora aperto, esistono opinioni per esempio che accusano diagnosi errate o comunque errori di valutazione metodologici.
Tuttavia il continuo aumento dell'incidenza registrato durante gli anni '90 depone a favore di un effetto deleterio attribuibile all'esposizione allo iodio radioattivo rilasciato dal reattore. Inoltre, in una delle ipotesi proposte si è considerato che la popolazione infantile al momento dell'incidente fosse deficitaria di iodio, in quanto il sale usato nell'alimentazione non era iodato. Il rilascio di radioisotopi di iodio ha quindi rappresentato la fonte di un elemento necessario al funzionamento della ghiandola tiroidea, ma contemporaneamente anche di contaminazione.
La combinazione di questi fenomeni, uno naturale (il deficit di iodio) e uno indotto dall'uomo spiega l'incremento dei casi di tumore nella regione.

Simona Zazzetta



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