E se non fosse uranio?

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

E se non fosse uranio?



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Le notizie sul fronte delle radiazioni diventano sempre più allarmanti, soprattutto perché accanto all'uranio impoverito ha fatto la comparsa il plutonio.
Questo sta a significare che l'uranio impoverito impiegato nei proiettili anticarro non è il residuo del processo di arricchimento dell'uranio naturale come sembrava in un primo momento ma quello che si trova nel combustibile nucleare esausto.
La differenza è enorme.

L'arricchimento dell'uranio


In natura, l'uranio si trova sotto forma di miscela di tre isotopi, cioè tre forme, che differiscono per il numero di massa: 235, 234 e 238. In questo cocktail l'U238 rappresenta il 99,3%, l'u235 lo 0,7% l'U234 lo 0,0054%. Perché si generi la reazione nucleare all'interno dei reattori, l'uranio naturale non è sufficiente, è necessario far sì che la percentuale dell'U235 salga al 3,2 o al 3,6% perché è questo l'isotopo più (radio)attivo. Questo si ottiene con un procedimento chiamato appunto arricchimento (esistono due procedimenti: per diffusione gassosa e centrifugazione ). Accanto all'uranio arricchito si ottiene l'uranio impoverito che è anche lui un cocktail dei tre isotopi, ma nel quale l'istopo 235 è presente soltanto come 0,3%. Questo spiega perché la radioattività dell'uranio impoverito sia praticamente la metà di quella del minerale naturale e, di conseguenza, parecchie volte inferiore a quella dell'uranio arricchito. Di questo uranio impoverito se ne ottiene parecchio: basti pensare che da 8 tonnellate di uranio naturale si ottiene una sola tonnellata di uranio arricchito e ben 7 di quello impoverito. Questo spiega come mai sia tanto a buon mercato e venga impiegato nei proiettili piuttosto che nei contrappesi degli aerei. Nel Boeing 747 (il JumboJet), ci sono ben 850 kg di uranio impoverito, ovviamente incapsulato in materiali che dovrebbero schermare le radiazioni emesse (si veda anche qui) e impedirne ovviamente la diffusione nell'ambiente. Questa sicurezza viene però meno in caso di incidente aereo, come quello occorso proprio a un 747 nel 1992 nei cieli di Amsterdam. In quell'occasione il velivolo bruciò sviluppando temperature fino a 1200°C sufficienti a far vaporizzare l'uranio impoverito con la conseguente contaminazione dell'ambiente. In un articolo apparso su Nature, il fisico Robert Parker aveva a suo tempo stimato che in caso di rogo di un 747 i prodotti tossici dell'UI avrebbero messo a rischio 250.000 persone.

Uranio impoverito e scorie radioattive


Che cosa accade quando l'uranio arricchito ha esaurito la sua funzione cioè quando diviene combustibile esausto? Apparentemente ben poco: nelle barre di combustibile esaurito si ritrova il 96% di quello che c'era all'inizio: quindi anche un po' di U235 e la gran massa dell'U238. In quel 4% di differenza però rientrano anche alcuni elementi molto radioattivi, a cominciare dal plutonio. Questo elemento non esiste in natura, ma è proprio originato dal bombardamento di neutroni cui è sottoposto l'isotopo 238 all'interno dei reattori. Il plutonio è un elemento assai più radioattivo dell'uranio naturale e di quello arricchito, tanto che bastano pochi etti del metallo per sostenere la reazione a catena di un reattore e soltanto 3,5 kg per dare luogo a un'esplosione nucleare. Ovviamente il plutonio viene separato dal resto delle scorie per poter essere utilizzato nelle armi nucleari, o nei reattori a plutonio usato nella produzione di energia, ma come si è visto, separare questi elementi così vicini per peso molecolare (il plutonio ha numero di massa 240), non è semplice. E allora, se l'uranio impoverito dei proiettili provenisse dai residui del combustibile esausto che cos'altro si potrebbe portare dietro?

Maurizio Imperiali



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