Di rifiuti si può morire

20 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Di rifiuti si può morire



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"Le ecomafie, le organizzazioni malavitose legate alla camorra e alla mafia che gestiscono i traffici illeciti di rifiuti, sono ormai diventate una specie di industria diffusa capillarmente nella maggiori regioni del Sud e, da un punto di vista economico, costituiscono un'attività fiorente. Un'industria i cui proventi vengono realizzati a spese della salute dei cittadini e della distruzione dell'ambiente". Non ha usato certo mezze misure Donato Ceglie, sostituto procuratore della Repubblica presso la procura di Santa Maria Capua Vetere in un'intervista rilasciata al Messaggero. E non si possono usare mezze misure per una situazione quale quella della Campania, per la quale il governo Prodi ha dichiarato lo stato d'emergenza per fronteggiare l'inquinamento ambientale da diossina. Già: perché la salute dei cittadini, cui faceva riferimento il procuratore, è minata dai roghi di rifiuti che sprigionano diossina e dalle discariche illegali in cui vengono buttate sostanze tossiche e scarti industriali provenienti da tutt'Italia. E il rischio è reale. Per chi avesse dei dubbi l'Organizzazione Mondiale della Sanità, attraverso il suo Centro Europeo Ambiente e Salute, sito in Roma, ha pubblicato uno studio intitolato "Trattamento dei rifiuti in Campania: impatto sulla salute umana". Lo studio, di cui è in corso di svolgimento una seconda fase di approfondimento, ha riscontrato nei comuni campani presi in esame, una maggiore incidenza di alcuni tumori e di malformazioni congenite alla nascita. Il nesso causale non è stato stabilito con precisione, ma certo i numeri portano a escludere una coincidenza.

L'indagine dell'OMS


Il problema, intanto, esordisce lo studio, non è nuovo. Anzi. Se ne parla da un decennio e una rassegna stampa sull'argomento porta a singolari similitudini tra il 2000 e oggi. Si tratta di un'emergenza nazionale, sottolineano all'OMS, e a ricordarlo provvedono i periodici episodi di ribellione sociale che si verificano con regolarità. Quello che invece non si sapeva con precisione, era l'impatto sulla salute, se non per una diffusa anedottica che associava mortalità e morbilità diffuse nella zona all'esposizione ai rifiuti e alla pratica di abbandono incontrollato dei rifiuti stessi. Una pratica che insieme allo smaltimento e incenerimento illegali ha avuto inizio negli anni '80. E non è ancora finita nonostante il presidente della regione Bassolino assicuri che si tratta di un obiettivo prioritario della regione. Lo studio ha effettuato analisi descrittive di mortalità sul territorio comunale delle province di Napoli e Caserta, utilizzando i dati ISTAT, forniti dall'Osservatorio Epidemiologico Regionale della Regione Campania. Sono state quindi studiate 20 cause di decesso nel periodo 1994-2001, tra cui la mortalità per tutte le cause, per tutte le cause tumorali e per un insieme malattie tumorali specifiche, associate dalla letteratura scientifica alla presenza di discariche di rifiuti o di inceneritori sul territorio. I risultati? Le analisi hanno permesso di identificare un'area nella quale la mortalità generale e i tassi specifici per diversi tumori sono particolarmente elevati rispetto ai valori regionali. In particolare la mortalità per tutte le cause è aumentata del 19% per gli uomini in provincia di Caserta e del 43% in provincia di Napoli, per le donne invece le percentuali sono del 23% e del 47% rispettivamente. Di che cosa si muore? Di cancro, innanzitutto. Dello stomaco, del rene, del fegato, di trachea, bronchi e polmoni, della pleura e della vescica. Con metodi analoghi si è studiata la distribuzione delle malformazioni congenite. E con risultati analoghi, visto che sono stati identificati comuni con eccessi consistenti e significativi sul totale delle malformazioni e su gruppi di esse. La morale? Ci sono l'arma (le discariche) e le vittime (i cittadini e l'ambiente), manca la modalità del danno, cioè il nesso causale che ulteriori approfondimenti si propongono di definire. Nel frattempo sarebbero auspicabili approfondimenti e quindi interventi concreti anche da parte delle istituzioni. Come ha commentato un paio d'anni fa ai primi esiti dell'indagine OMS, Anna Savarese, direttore generale di Legambiente Campania " questo studio lancia un campanello d'allarme, rappresentando la base scientifica per sollecitare ulteriormente l'intervento di Regione e Provincia in prevenzione, bonifica e rilancio". Era il 2005, quanto deve suonare ancora il campanello?

Marco Malagutti



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