Celiachia, con i ticket a rischio la tutela della salute

10 febbraio 2012
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Celiachia, con i ticket a rischio la tutela della salute



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L'erogazione gratuita ha favorito in Italia l'accesso all'unica terapia salvavita che oggi il celiaco conosce, motivata dai prezzi altissimi di alimenti allora di nicchia e prodotti con alti costi di ricerca, controlli e know how. È questa, nelle parole di un documento che l'Associazione italiana celiachia (Aic) ha indirizzato ai Presidenti delle Regioni italiane e ai dirigenti degli Assessorati alla Salute, la ragione fondamentale per cui l'Aic rifiuta in modo categorico l'ipotesi di un ticket sugli alimenti per celiaci, ventilata nei giorni scorsi. «Una misura grave e inaccettabile, che mette a rischio la tutela della salute di oltre 120.000 celiaci, penalizzando ingiustamente le loro famiglie». Ma si tratta solo di un'ipotesi, come conferma a Dica33 Caterina Pilo, che dell'Aic è Direttore generale.

«È una bozza di lavoro allo studio della Conferenza delle regioni e delle province autonome» conferma la Pilo «ma ciò nonostante non bisogna abbassare la guardia». Oggi, infatti, il paziente celiaco ha diritto a un tetto di spesa mensile, erogato dal Servizio sanitario nazionale, di 140 euro per gli uomini e 99 per le donne (una differenza legata al diverso fabbisogno calorico). Si tratta di un valore medio, perché ci sono differenze regionali, con il buono, erogato ogni mese o ogni sei mesi, il paziente si reca in farmacia e non paga nulla, entro quel margine di spesa. Un margine sufficiente? «Complessivamente sì» risponde il Direttore Aic. «Va detto che i prezzi degli alimenti senza glutine, fino a 10 volte superiori a quelli con frumento disponibili nel mercato per la popolazione generale, sono dal 2001 incrementati del 17%. Un incremento cui va aggiunto l'assenza di un adeguamento alla perdita del potere d'acquisto». Sarebbe difficile tollerare un ticket perciò? «Premesso che le famiglie dei celiaci» sottolinea la Pilo «hanno già avuto la loro riduzione dei tetti di spesa. Il ticket sarebbe un'ingiusta penalizzazione, che le persone a cui è stata diagnosticata la celiachia subirebbero insieme alle loro famiglie, indebolendo il diritto primario alla tutela della salute». In che modo? «L'accesso alla terapia, incominciato nel lontano 1982 quando la malattia era decisamente più di nicchia, ha garantito una compliance che la celiachia impone sia rigorosa e perenne». Rivolgersi al mercato generale con l'esigenza di risparmiare, perciò, aumenterebbe i rischi? «Proprio così. Oggi» continua la Pilo «i dati indicano preoccupanti deroghe volontarie alla dieta, che temiamo possano essere aggravate dall'utilizzo di prodotti diversi dai garantiti e controllati dietetici».

Ma non finisce qui. A seguito del decreto Veronesi del 2001, Aic ha favorito la liberalizzazione della distribuzione degli alimenti erogati dal Ssn nei canali alternativi alla farmacia, che mantiene il 70% del mercato complessivo, con buoni risultati in termini di abbassamento dei prezzi. «Sono 8 le Regioni (Emilia Romagna, Toscana, Liguria, Puglia, Piemonte, Abruzzo, Friuli Vg, Lazio) che al momento prevedono l'erogazione nella Grande distribuzione organizzata (Gdo) e all'interno di queste il sistema è decollato con variabile efficacia». In che senso? «Ci sono regioni come la Toscana, dove contestualmente alla spesa il paziente può essere rimborsato al punto ascolto, se si presenta con lo "scontrino parlante" e questa è la situazione modello, che determina un evidente vantaggio per il cittadino» spiega il Direttore Aic. Un sistema di rimborsabilità che in altre situazioni meno esemplari ha posto oggettive difficoltà tecniche «l'introduzione del ticket può solo accentuare le difficoltà. In particolare se si differenzia l'utente per tipologia d'esenzione oppure se si prevedono integrazioni dirette a carico dell'assistito». Un clamoroso passo indietro, secondo l'Aic, visto che l'Italia è un esempio a livello comunitario, avendo riconosciuto da quasi trent'anni il diritto dei celiaci all'approvvigionamento gratuito degli alimenti senza glutine. Oltretutto in questo periodo storico le associazioni dei celiaci devono fronteggiare rischi ben più seri, come spiega il Direttore Aic: «Esiste una proposta europea che mira ad abbattere la definizione di "prodotto dietetico" e ridurre la dicitura "senza glutine" a un semplice claim tra gli altri della normativa sull'etichettatura». Una modalità che rimuove la speciale protezione riservata ai celiaci, garantita da una normativa stringente in termini di requisiti nutrizionali e controlli. «Come se» sottolinea la Pilo «non si trattasse di una condizione patologica e si potesse chiudere un occhio su come avviene la produzione, omologandola a quella di tutti gli altri prodotti». E per questo l'Aic sta combattendo in sede europea, con la speranza che, nel frattempo, in Italia non si abbassi la guardia sulla tutela ai celiaci.

Marco Malagutti



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