Giornata mondiale del diabete: la prevenzione è la cura più efficace

13 novembre 2017
Interviste

Giornata mondiale del diabete: la prevenzione è la cura più efficace



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Il 14 novembre di ogni anno ricorre la Giornata mondiale del diabete, istituita nel 1991 dall'International diabetes federation e dall'Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per sensibilizzare e informare l'opinione pubblica sulla malattia e sulla sua prevenzione e gestione. Il numero di persone con diabete di tipo 2 è in veloce crescita, sia nei paesi avanzati che nei paesi in via di sviluppo, e l'importanza della diagnosi precoce e della prevenzione sta diventando sempre più fondamentale. Un recente studio statunitense ha sottolineato che sempre meno casi di diabete passano inosservati, e che questo fornisce la possibilità di cure migliori e più efficaci. Ma qual è la situazione in Italia rispetto alla prevenzione? Dica33 ne ha parlato con Olga Disoteo, della Struttura semplice dipartimentale di diabetologia dell'Asst Grande Ospedale Metropolitano Niguarda di Milano.

Dottoressa, quali sono i numeri del diabete in Italia oggi?
«Nel nostro paese si stima che ci siano 3 milioni di persone con diabete di tipo 2, il 4,9 per cento della popolazione; e che 1 milione di persone, l'1,6 per cento della popolazione, abbiano il diabete di tipo 2 ma non ne siano a conoscenza.
Inoltre, 2,6 milioni di persone, il 4,3 per cento della popolazione, hanno difficoltà a mantenere la glicemia nei valori normali, una situazione che spesso si traduce in un prediabete che prima o poi si trasformerà nella malattia vera e propria. Chiaramente, con questi numeri diventa fondamentale intervenire precocemente e diagnosticare la malattia il prima possibile. Una maggiore attenzione alla patologia che consenta una diagnosi precoce permette di trattare prima, meglio e più a lungo con farmaci pratici ed efficaci. E consente di rallentare o arrestare i decorso della patologia».

La rete di prevenzione e diagnosi precoce è migliorata negli anni? Come si cerca di svilupparla?
«La rete diabetologica italiana è tra le migliori in Europa, e, anche se c'è molto da fare in questo campo, il sistema sanitario ha per ora retto bene l'incremento della patologia. Oggi tendenzialmente, come abbiamo detto, un diabetico su quattro non sa di esserlo, mentre in passato si parlava di 2 su 3. Ma è comunque su questi individui, sui soggetti con diabete che non sanno di esserlo e su coloro che presentano alterazioni iniziali della glicemia, che dovremmo agire di più. Dobbiamo monitorare per esempio i figli quarantenni o cinquantenni di persone con diabete tipo 2, che già presentano sovrappeso o ipertensione borderline al fine di fornir loro adeguate informazioni per prevenire lo sviluppo di diabete.
Non va poi dimenticato il problema emergente del sovrappeso negli adolescenti e monitorarli, la prevenzione delle cattive abitudini di vita deve essere più incisiva, l'informazione deve entrare nelle scuole e nei luoghi di lavoro.
Un altro problema da non sottovalutare è l'occidentalizzazione delle abitudini alimentari delle popolazioni migranti. Se si hanno poche risorse economiche, ci si sfama spendendo il meno possibile, non si fa il conto delle calorie e non si verifica la qualità dell'alimentazione. In questi gruppi di persone si dovrebbe fare subito molto di più, come pure nelle fasce di popolazione italiana più debole e meno abbiente.
Tali problemi sono noti, ma intervenire non è facile anche perché investe non solo la responsabilità individuale e collettiva ma ambiti ben più vasti».

Da parte nostra cosa possiamo fare per contribuire a prevenire il diabete, e nel caso, a farlo diagnosticare?
«I cittadini da parte loro possono cercare di adottare uno stile di vita sano, fare movimento, anche una semplice camminata tutti i giorni, e magari un'attività fisica più strutturata in qualche occasione, cose semplici, senza strafare o spendere una fortuna. Si deve fare attenzione all'alimentazione, all'apporto di verdure, frutta, alimenti integrali; è bene non eccedere con gli alcolici, i dolci, gli zuccheri semplici.
Non fumare è molto importante, perché essere fumatori aumenta il rischio cardiovascolare e favorisce lo sviluppo di fenomeni infiammatori che sono alla base dell'ipertensione arteriosa, della dislipidemia e anche del diabete.  Attenzione anche al sovrappeso, un lieve sovrappeso uniformemente distribuito su tutto il corpo non è cosi drammatico, ma un'obesità circoscritta all'addome è rischiosa. In queste situazioni l'importante è non fare il fai da te. Bisogna andare dal medico di famiglia, far presente l'eventuale presenza di familiarità per diabete e malattie cardiovascolari; il medico saprà consigliare quali esami eseguire in caso di necessità e come agire per ridurre il nostro rischio di sviluppare il diabete.
Ci sono anche buone occasioni per informarsi, quali la Giornata mondiale del diabete, nella quale per esempio a Niguarda organizzeremo tre giornate, dal 15 al 17 novembre, in cui gli specialisti diabetologi offriranno consulenze gratuite alle donne che desiderano maggiori informazioni sul diabete in gravidanza, e colloqui su vari temi riguardanti il rapporto fra riproduzione, diabete e obesità».


Quest'anno la giornata del diabete è diretta in particolare alle donne. Perché?
«Le donne in tutti gli ambiti sanitari tendono a curarsi di meno perché si fanno carico, non solo del lavoro, ma anche della casa e delle necessità dei più fragili della famiglia, a scapito della cura di se stessa. C'è questa idea per cui la donna muore meno per malattie cardiovascolari, ma questo può essere vero fino alla menopausa, poi la donna recupera lo svantaggio molto rapidamente, e la vasculopatia che sviluppa la donna è atipica, difficile, ad esempio le arterie coronariche sono più piccole ed è più difficile rivascolarizzarle. Altro fattore di rischio da non trascurare nelle donne è il diabete gestazionale (che si sviluppa nel corso della gravidanza e poi si risolve), costituisce un fattore di rischio per lo sviluppo di diabete mellito nell'età più avanzata».

Susanna Guzzetti



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