Stretching: quando e come

08 luglio 2015
Aggiornamenti e focus

Stretching: quando e come



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Uno degli argomenti più controversi del fitness, spesso interpretato in maniera confusa, è senza dubbio quello che riguarda l'allungamento muscolare. Quando bisogna farlo? Prima o dopo la seduta? Per quanto tempo? E qual è la tecnica migliore? Lo scopo di questo articolo è proprio quello di provare a chiarire i dubbi più comuni sull'argomento, a volte legati a informazioni discutibili fornite dai professionisti del settore.

Dinamico e statico

Esistono essenzialmente due tipi di stretching: dinamico e statico. La differenza tra uno e l'altro è molto semplice: con dinamico si intende l'allungamento dei muscoli con movimenti a velocità che può essere lenta, media o veloce, mentre con stretching statico intendiamo il mantenimento della muscolatura in posizione di allungamento per periodi più o meno prolungati.

Alcuni esperti del settore propongono l'idea che lo stretching dinamico, soprattutto se ad alte velocità, porti a infortuni e non dia risultati tangibili, mentre quello statico sembrerebbe il modo migliore per aumentare la flessibilità muscolare con il rischio minore di infortuni muscolari. Non crediamo esista niente di corretto quando si generalizza un concetto e non si prendono in considerazione esigenze e problematiche individuali. Esistono infatti numerose ricerche che indicano come il classico stretching statico, tenendo la posizione di allungamento per 20- 30 secondi, seppur con rischi di infortunio molto bassi, non porti a risultati significativi. Il motivo è molto semplice: non è simile a nessun movimento che possiamo affrontare nella vita quotidiana né tantomeno nel corso di attività sportive di qualsiasi livello. Sembra inoltre che tenere la posizione di allungamento per periodi prolungati, soprattutto se i muscoli vengono allungati eccessivamente e si trattiene il respiro, porti a una contrazione muscolare di protezione che è esattamente il contrario al nostro scopo di rilassare la muscolatura.

L'allungamento dinamico d'altro canto, sebbene molto più simile ai movimenti eseguiti nel corso delle nostre attività quotidiane e va eseguito in maniera corretta se non si vuole incorrere in infortuni.

Respirazione in fase di allungamento

La respirazione in fase di allungamento è probabilmente uno dei punti meno discussi ma che senza ombra di dubbio ricopre un'importanza fondamentale. Numerose ricerche indicano infatti che la nostra muscolatura istintivamente si rilassa nel momento in cui espiriamo e si contrae nel momento in cui inspiriamo o tratteniamo il respiro. È importante da ricordare? Certo che sì! Possiamo infatti utilizzare quest'informazione a nostro vantaggio. Perché infatti non utilizzare la respirazione per controllare il nostro stretching? Uno dei metodi più efficaci che ho avuto modo di utilizzare è infatti basato sull'allungare la muscolatura in fase di espirazione e rilassarla in fase di inspirazione, lavorando a "onde" respirative piuttosto che in base a tempi prestabiliti arbitrariamente. Se per esempio vogliamo allungare i flessori del ginocchio è molto efficace utilizzare 3 o più "onde" respirative, utilizzandone quante necessarie per vedere un miglioramento significativo sull'ampiezza di movimento. Uno dei consigli che vogliamo dare è lavorare con respirazioni lunghe e profonde e movimenti controllati, soprattutto nel periodo iniziale, passando poi a "onde" più veloci una volta avuta padronanza di questa tecnica.

Uno dei metodi più efficaci riconosciuti oggi è il cosiddetto Stretching PNF (Proprioceptive Neuromuscular Facilitation) ; questo consiste nell'allungare e contrarre la muscolatura durante la fase di stretching per aumentare l'allungamento muscolare approfittando della stanchezza della muscolatura che è stata contratta pochi secondi prima. È decisamente un valido sistema che sembra dare notevoli risultati in periodi brevi.

Il momento è tutto

Quale sarebbe il momento migliore per effettuare stretching? La risposta è che non esiste un momento migliore, tutto dipende dal tipo di stretching e dallo scopo. Ho trovato utile utilizzare uno stretching di tipo dinamico medio- veloce all'inizio della seduta, come metodo di riscaldamento, perché uno stretching lento, o peggio ancora "statico", in questa fase peggiora solo la prestazione fisica e aumenta il rischio di infortuni. Se invece consideriamo uno stretching utilizzato per allungare la muscolatura e migliorare sbilanci posturali il momento migliore è senza ombra di dubbio immediatamente dopo la fine della seduta o nei giorni di non- allenamento. Sembra infatti che i progressi migliori siano conseguiti con una temperatura corporea medio- alta che può quindi essere dovuta da attività fisica o fattori esterni. Quale momento migliore perciò se non dopo un' intensa seduta di allenamento?

Se invece si desidera eseguire una seduta di stretching in giorni di riposo il metodo migliore è effettuare un breve riscaldamento di 5- 10 minuti di leggera attività aerobica o subito dopo una doccia- bagno caldi o sauna- bagno turco. È importante ricordare di non superare i 15 minuti di riscaldamento dovuti a fattori esterni; sembra infatti esista un meccanismo secondo il quale l'organismo abbassa automaticamente la temperatura corporea quando esposto a trattamenti con calore superiori a questi 15 minuti.

Ovviamente sono da evitare le sedute di allungamento la mattina appena svegliati; in questa fase della giornata la temperatura corporea è ovviamente più bassa con margini di miglioramento più bassi.

Quali gruppi muscolari allungare

Rispetto a quali sono i gruppi muscolari da allungare, anche in questo caso la risposta è strettamente connessa alle necessità individuali piuttosto che seguire un codice preselezionato. Il modo migliore per selezionare quale gruppo muscolare allungare è affidarsi a un esperto di postura e squilibri muscolari, che possa individuare la muscolatura che è sovrautilizzata e accorciata e quella troppo spesso trascurata e sovra- allungata a causa della predominanza fisica dei gruppi muscolari antagonisti. Non sempre la zona dolorante è infatti quella che deve essere allungata. Il dolore può essere infatti causato da un altro gruppo muscolare che va allungato. Prendiamo per esempio in considerazione un dolore ai flessori del ginocchio. Un problema molto comune di dolore in questa zone e dovuta al fatto che i flessori del ginocchio si occupano anche di estendere l'anca. Se quindi gli opposti flessori dell'anca sono accorciati, questi ultimi non permetteranno agli estensori dell'anca di estendersi in maniera corretta; questo porterà quindi a un sovra- utilizzo dei flessori del ginocchio, con conseguente dolore. Il dolore sperimentato sui flessori del ginocchio non sarà quindi dovuto a nient'altro che ad un restrizione ai danni dei flessori dell'anca.

I consigli di un esperto potranno quindi chiarire su quali zone dovremo concentrarci per ottenere risultati significativi.

Salvatore Nocerino
(Docente e formatore di fitness musicale, Presenter Internazionale di fitness, PT e consulente)



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