Se lo è lo si dica

21 maggio 2004
Aggiornamenti e focus

Se lo è lo si dica



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Meglio dirlo subito: nella battaglia sugli organismi geneticamente modificati il primo motore è commerciale. Poi vengono considerazioni legate al diritto del consumatore di essere informato e, dopo, le preoccupazioni medico sanitarie. Per esempio, uno dei prodotti di punta, il mais "Roundup Ready" della Monsanto, non sarà più prodotto né fatto oggetto di ricerca, solo perché gli investimenti non erano remunerativi. Del resto, i territori coltivati con questa variante bioingegnerizzata erano andati riducendosi dal 1997 a oggi del 25%. A onore del vero, comunque, finora non erano emersi dati per qualche verso preoccupanti, il che significa due cose: non si sono registrati effetti indesiderati a breve termine e, cosa da non sottovalutare, non ci sono studi longitudinali (protratti nel tempo) che possano fornire indicazioni.
Fino al 19 maggio 2004, l'Unione Europea aveva bloccato con una moratoria l'introduzione di nuovi vegetali biotech. Fino al 19 maggio perché in questa data è stato dato il via libera a un mais dolce, denominazione BT 11. Molti altri prodotti sono in lista d'attesa, non tutti saranno approvati, è chiaro, ma d'ora in avanti almeno in teoria la strada è aperta. Oltre al nuovo arrivo, nel territorio europeo sono in commercio pochi OGM per l'alimentazione umana: 7 tipi di olio di semi di colza, 2 tipi di olio di semi di cotone, la soia RR (anche lei Roundup Ready) e il mais BT176. Sulla linea di partenza ci sono però barbabietole, riso, patate e altro ancora. Commercializzare, però, non significa produrre o produrre normalmente. In UE si possono coltivare organismi OGM, ma non in campo aperto. Le recenti vicende piemontesi (campi di mais contaminato da sementi OGM distrutti) lo hanno recentemente ricordato, del resto "il DNA vola" e coltivare i due tipi di vegetale in spazi contigui significa ottenere ben presto un solo tipo ibrido.

Lo dice l'etichetta


Se arriveranno nuovi OGM, però, il consumatore europeo avrà modo di riconoscerli. Risale infatti al 18 aprile scorso l'entrata in vigore della regolamentazione europea del settore che prevede norme molto chiare, e severe, sulla tracciabilità e sull'etichettatura. In poche parole, se un alimento contiene prodotti derivati da OGM lo deve indicare in etichetta, sempre che la quota superi lo 0,9% se si tratta di alimenti autorizzati e lo 0,5% se si tratta di alimenti in via di autorizzazione. Rispetto al passato c'è una novità di non poco conto. Infatti prima era possibile non indicare nulla in etichetta se nell'alimento erano presenti parti (proteine) provenienti sì da OGM ma non riferibili alla parte introdotta artificialmente. Per esempio: se un vegetale veniva modificato con un gene che gli permetteva di resistere agli insetti nocivi, l'indicazione in etichetta era necessaria soltanto se nell'alimento finale c'erano tracce di quel gene estraneo, non se erano presenti le parti per così dire "naturali". Oggi non è più così: se in qualche modo gli OGM entrano nella produzione va sempre avvertito il consumatore. Per i mangimi animali va indicata la presenza di OGM, ma con il criterio vecchio, cioè solo se sono presenti i prodotti della modificazione genetica; inoltre nel caso di un bovino alimentato a OGM, l'indicazione non verrà poi riportata sulla bistecca, o sull'uovo in caso di pollame. Per questi alimenti, però, è stata dimostrata l'indistinguibilità da quelli tradizionali.

Proprio nel piatto?


Tutto sommato, la tutela diretta del consumatore c'è, anche perché si deve tenere presente che buona parte degli organismi geneticamente modificati non arriva direttamente in tavola. Negli Stati Uniti, culla del biotech agroalimentare, il 54% dei prodotti è destinato all'alimentazione animale, il 15% viene esportato, e il resto in altri usi, per esempio produzione di dolcificanti e alcol (13%). Ha ragione chi dice che si è troppo allarmisti? O ha ragione chi vede una minaccia diretta? Certamente se si guarda ai dati attuali non ci sono elementi critici, ma è anche vero che ogni volta che si introduce nell'ambiente un elemento nuovo che può potenzialmente diventare onnipresente, la prudenza non è mai troppa, così come non è mai troppa la trasparenza in fatto di dati sperimentali. Trasparenza, per inciso, che i nuovi regolamenti europei impongono. Detto questo, comunque, resta aperto un altro aspetto e cioè la trasformazione dell'economia agricola: con gli OGM non è possibile seminare nuovamente usando una parte del raccolto accantonata, come con le varietà naturali. Ogni anno vanno ricomprati i semi dal produttore: quanti paesi potrebbero permetterselo, fuori dall'Occidente industrializzato?

Maria Rita Nici



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