Sbaglia anche il paziente

19 gennaio 2007
Aggiornamenti e focus

Sbaglia anche il paziente



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Sostenere che sbaglino soltanto i medici, nell'ambito del processo di cura, sembra un'affermazione eccessiva. Tuttavia è molto difficile definire che cosa sia un errore di un paziente. Nel caso dei medici, peraltro, è molto frequente che anche l'errore individuale venga spiegato ricorrendo al fatto che il medico opera, magari, all'interno di un sistema che è predisposto all'errore. Per esempio, è evidente che se in un reparto le prescrizioni di farmaci sono soltanto scritte a mano, e le belle grafie scarseggiano, il sistema è predisposto agli errori di dispensatore dei medicinali (non è poi cos' difficile equivocare ciprofloxacina per gatifloxacina o microgrammi per milligrammi). Quando si tratta del medico, dunque, in un certo senso si esclude un aspetto che invece è spesso alla base dell'errore del paziente: la volontarietà.

Distinzioni sottili


Gli errori possono infatti essere di due tipi: esecuzione manchevole di un'azione, che quindi non ottiene il risultato voluto o corretta esecuzione di un'azione che però ottiene un risultato diverso da quello voluto. Per esempio: alla nonna viene prescritto un antinfiammatorio per l'artrosi però, avendo letto il foglietto illustrativo che riporta tutti i possibili effetti collaterali, anche rarissimi, decide di non prenderlo. E' chiaro che così ha evitato gli effetti collaterali. Se le sta bene tenersi i dolori, a rigore questo è un errore soltanto dal punto di vista del medico, ma se in realtà sperava di stare anche meglio è proprio un errore anche dal punto di vista soggettivo del paziente.
Insomma, la cosa non è facile a decidersi, perché gli errori eventualmente attribuibili al paziente vertono principalmente sul suo comportamento. L'esempio del farmaco non assunto, peraltro, è uno dei più frequenti: considerando anche le banali dimenticanze, riguarda addirittura il 64% dei pazienti, secondo un'indagine statunitense. Ma non è l'unico.Nella classificazione offerta in uno studio pubblicato da Lancet se ne possono individuare diverse categorie, a seconda del momento in cui avvengono. Per esempio alcuni precedono l'accesso al medico: evitare o ritardare visite e consulti, richiedere prestazioni inappropriate (visite a domicilio quando occorrono prestazioni ambulatoriali). Se questi esempi riguardano direttamente la salute dell'individuo, altri riguardano il funzionamento del sistema di cura: saltare il sistema delle prenotazioni e ricorrere direttamente al pronto soccorso, fissare appuntamenti e non avvertire che non vi si andrà. Tutti questi errori, poi, possono essere volontari o dovuti a dimenticanza.

Di fronte al medico


In fase di contatto con il medico, è un errore tacere certe informazioni (per esempio su precedenti malattie proprie o di famigliari) oppure distorcerle o non accertarsi di aver capito bene, o di essere stati compresi, in caso di dubbio. Allo stesso titolo è considerato un errore rifiutare certe indagini diagnostiche o non seguire le istruzioni relative alla loro esecuzione, magari presentandosi per un prelievo dopo aver fatto colazione quando era stato raccomandato il digiuno. Proseguendo, ci sono anche la sopravvalutazione della propria capacità di eseguire quanto indicato (per esempio, camminare per mezz'ora al giorno o usare un inalatore) o fare pressione sul curante per ottenere trattamenti impropri.
Insomma anche il paziente sbaglia, però spesso questi errori possono essere attribuiti contemporaneamente al medico o al sistema di cura. Nel caso delle prenotazioni, per esempio, sarà anche un errore cercare scorciatoie ai sistemi di prenotazione, ma se i centralini sono sempre occupati...
C'è poi, di fondo, la questione della condivisione degli obiettivi tra medico e malato, condivisione che sembra fondamentale anche per la definizione stessa di errore. Tornando al caso della nonna, se lei davvero preferisse i dolori al ginocchio piuttosto che quelli allo stomaco, come si fa a dire che sbaglia a non prendere un farmaco gastrolesivo? E se dal dolore al ginocchio passiamo ad altre malattie più gravi, e ad altri trattamenti ben più invasivi, i problemi non diminuiscono, anzi. E il caso Welby insegna. D'altra parte, non è che fosse meglio quando il paziente era in una totale ignoranza rispetto al medico, e vi era anche un certo autoritarismo, e quindi non si discuteva. Lo stesso articolo fa il caso di una donna che, licenziata dal senologo come sana, aveva scoperto da sola, mediante l'autopalpazione, di avere un tumore.

Maurizio Imperiali



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