Paese che vai, regole che trovi

07 marzo 2008
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Paese che vai, regole che trovi



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"Si deve comunque provare a rianimare" E' questa la conclusione cui è giunto il Consiglio Superiore della Sanità nella relazione scientifica appena consegnata al ministro Turco, sulla rianimazione dei prematuri. Una relazione, approvata con 45 sì e un astenuto, che, come sempre, vista la materia del contendere, ha sollevato polemiche. In particolare in discussione il rapporto coi genitori, che vanno informati e ascoltati, dice il documento, ma tenendo come punto fermo la tutela della vita e della salute del feto e del neonato. In sostanza prima viene la rianimazione del feto. Il documento ha rinnovato le polemiche, ma riguardano solo l'Italia? E come si comportano rispetto a queste tematiche gli altri paesi europei? La risposta arriva da due recenti studi di Jama e degli Archives of Disease in Childhood che evidenziano il diverso atteggiamento dei diversi paesi europei rispetto a questi temi e le motivazioni alla base delle diverse politiche.

Fazioni opposte


Lo studio di JAMA sottolinea come i progressi nella medicina perinatale conducano inevitabilmente a una maggiore sopravvivenza neonatale e al ricorso a pratiche invasive di rianimazione. Pratiche che sollevano questioni etiche piuttosto controverse. Non esiste una visione univoca, come sempre per le grandi questioni etiche, e si possono riconoscere due atteggiamenti di fondo uno opposto all'altro. Da una parte i "vitalisti" convinti che la vita umana abbia di per sé un valore intrinseco e che rifiutano qualsiasi sospensione della cura, dall'altra parte quelli che ritengono che il valore della vita sia legato alla presenza di specifiche abilità, presenti o future, come la capacità di stabilire un qualche tipo di relazione o di ricavare qualche piacere dall'esistere. Questi ultimi rivendicano la priorità della qualità della vita e un ruolo del medico nello stabilirla. Questi sono gli estremi, nel mezzo si collocano un sacco di posizioni intermedie che sono quelle che animano il dibattito bioetico. Non esiste però evidenza empirica di quanto queste idee interferiscano sui soggetti che dovrebbero decidere: medici e genitori. Così come non è chiaro quanto i valori personali e le attitudini dei medici influiscano sulle loro decisioni in materia di fine vita. Lo studio EURONIC è stato condotto su una larga rappresentanza di reparti di cure intensive neonatali in parecchi paesi europei, dimostrando come queste scelte varino di paese in paese. Se la pratica di non accanirsi è piuttosto diffusa, infatti, l'interruzione terapeutica è molto più diffusa nei paesi nord-europei e va scemando man mano che ci si sposta a sud, fino ad arrivare a Italia e Spagna.

Il ruolo della cultura


Il nuovo studio effettuato sullo stesso campione del progetto EURONIC e condotto in 10 paesi europei (Francia, Germania, Italia, Olanda, Spagna, Svezia, Gran Bretagna, Estonia, Ungheria e Lituania) è arrivato a tre conclusioni fondamentali. Per cominciare l'atteggiamento dei neonatologi europei nello scontro tra santità contro qualità della vita è diverso nei diversi paesi. I medici britannici e quelli olandesi sono quelli più in difesa della qualità della vita, dall'altro estremo Ungheria e Paesi Baltici, con l'Italia molto ravvicinata. I paesi come l'Italia e la Spagna (lo studio va detto è del 2000) si contraddistinguono per una legislazione più restrittiva e un'influenza maggiore della sfera religiosa. Un secondo aspetto importante sta nel fatto che in ogni paese l'attitudine del medico è fortemente associata con la probabilità di aver dovuto decidere di mettere limiti nelle cure intensive in virtù di una prognosi neurologica infausta. Si può, perciò, tranquillamente concludere che il paese di appartenenza è un significativo predittore del comportamento del medico, suggerendo un ruolo dei fattori culturali e di quelli sociali.

Genitori trascurati

Sulla stessa lunghezza d'onda un altro studio di qualche anno fa comparava le diverse politiche europee nelle unità di cure intensiva neonatale rispetto ai genitori e alla loro possibilità di visita. Il ruolo dei genitori, infatti, in un frangente così delicato è estremamente critico e sarebbe fondamentale una comunicazione continua con lo staff medico, così come, ed è questo un nodo anche nelle recenti vicende italiane, nell'eventualità di interrompere le cure intensive, un'informazione chiara e completa è un prerequisito fondamentale per il coinvolgimento dei genitori nel processo decisionale. Lo studio degli Archives of Disease in Childhood ha preso in considerazione otto paesi europei per concludere che le restrizioni alle visite dei genitori sono maggiori in Spagna che non in Gran Bretagna dall'11 al 100% e che il coinvolgimento dei genitori nella scelta è minimo in Italia e massimo nel Regno Unito. Politiche diverse, perciò, di paese in paese, con la conferma che quelli mediterranei sono quelli meno recettivi.

Marco Malagutti



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