Non tutto è da banco

27 giugno 2008
Aggiornamenti e focus

Non tutto è da banco



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Qual è la caratteristica che accomuna tutti i farmaci da banco? Non la pubblicità televisiva, anche se più o meno tutti i produttori la fanno. La caratteristica comune è che sono destinati a condizioni passeggere (un raffreddore, un'influenza) e soprattutto sintomatiche. Negli Stati Uniti, però, alcune case farmaceutiche, ma anche medici e farmacologi, stanno premendo per cambiare la situazione: occasione la richiesta del passaggio (switch in gergo) da farmaco su prescrizione a farmaco da banco di una statina, la lovastatina, nel dosaggio da 20 mg, cioè il più basso. Le statine, come è noto, sono i farmaci più efficaci nel ridurre la colesterolemia e hanno dimostrato che a questo risultati di laboratorio corrisponde effettivamente la prevenzione degli eventi cardiovascolari con una sicurezza elevata.

Il servizio sanitario non può pensare a tutto


I motivi per il passaggio alla statina da banco sono essenzialmente due. Uno è di ordine generale: la prevenzione delle malattie a larghissima diffusione sfugge in qualche modo ai servizi sanitari pubblici, che non possono per ragioni economiche e organizzative seguire tutti coloro che ne avrebbero bisogno e, dunque, l'autogestione può essere una risposta. L'altro motivo, che è molto statunitense, è che parecchi di coloro che hanno un rischio cardiovascolare intermedio non hanno una copertura assicurativa e anche coloro che ce l'hanno non è detto che ottengano la prescrizione di questi farmaci e, si può aggiungere, con la statina da banco si risparmierebbe il costo della visita per la ripetizione della prescrizione. Però la questione non è così semplice e lo ricorda molto dettagliatamente un editoriale del New England Journal of Medicine. A deporre contro questa innovazione, peraltro già bocciata tre volte dalla commissione ad hoc della Food and Drug Administration, concorrono diversi fattori. Alcuni sono di natura epidemiologica e clinica. Per esempio, le persone a basso rischio individuate come utenza preferenziale hanno una possibilità del 5-10% di sviluppare un ischemia miocardica o un infarto nell'arco di 10 anni; con la statina da banco si ridurrebbe il rischio al 3,5-7%, cioè un guadagno limitato a fronte del quale anche i contenuti effetti indesiderati delle statine assumono una certa rilevanza. Infatti, negli studi clinici controllati, la lovastatina aveva mostrato di ridurre il rischio del 30%.

Capire se e quando serve il farmaco


C'è poi da considerare che per il passaggio di un farmaco alla vendita senza ricetta è fondamentale che il singolo sia in grado di capire se il singolo farmaco fa al caso suo e mentre è facile per tutti capire se si ha il raffreddore o il mal di testa, non altrettanto intuitivo è il concetto di rischio cardiovascolare. Tanto è vero che i soli nuovi studi che negli Stati Uniti vengono richiesti ai produttori riguardano proprio la capacità del pubblico di comprendere sulla base del foglietto illustrativo se lui ha bisogno o meno del farmaco. Per inciso, quelli condotti sul foglietto della statina non hanno avuto risultati incoraggianti: anche tra i volontari che hanno partecipato agli studi sulla comprensione e il corretto impiego, che sono comunque più acculturate della popolazione generale, meno della metà ha stabilito correttamente se aveva bisogno realmente del farmaco. Il 30% circa aveva un rischio ancora inferiore al 5%, mentre il 24% aveva un rischio superiore al 20%, aveva già avuto un infarto oppure era diabetica. Insomma: situazioni che richiedono ben altri interventi.Già così la situazione pare abbastanza sfavorevole, ma vi sono altri aspetti da considerare. Per esempio: controllare l'evoluzione del rischio cardiovascolare richiede un monitoraggi abbastanza assiduo, aggiustamenti dei dosaggi e anche cambiamenti di principio attivo, cioè un contorno che esula dallo scenario dell'automedicazione. In definitiva, c'è il rischio che si curi troppo chi non ne ha tutto questo bisogno e si curi poco chi invece richiede un trattamento aggressivo.
In fine c'è l'immancabile questione commercial-pubblicitaria. L'editoriale del New England fa presente che il controllo della FDa sulla pubblicità dell'OTC è ben scarso, in quanto la verifica della correttezza spetta all Federal Trade Commission, una sorta di garante della concorrenza. In questa situazione, il rischio che si passi ai messaggi trionfalistici è forte. Accade persino nella pubblicità dei farmaci su prescrizione, che negli Stati Uniti è permessa, e teoricamente subisce un vaglio stretto. Secondo aspetto: queste spinte allo switch della statina vengono in un momento in cui i brevetti vanno a scadere e quindi bisogna trovare nuove forme per mantenere la redditività del farmaco. In un modo o nell'altro, sembra che i tempi non siano ancora maturi per questo passaggio e non si tratta soltanto di statine.

Maurizio Imperiali



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