Come curare l'AIDS pediatrico?

11 aprile 2008
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Come curare l'AIDS pediatrico?



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Da quando è diventata disponibile anni fa la terapia antiretrovirale (ART) anche l'infezione pediatrica da HIV è passata da condizione fatale a condizione cronica trattabile. Almeno nei paesi sviluppati. Ci sono però aspetti che restano ancor più controversi nel caso della malattia nei bambini, in particolare il momento ottimale per iniziare il trattamento, e poi l'eventuale interruzione: la situazione è infatti più complessa che nell'adulto, dovendo valutare fattori quali caratteristiche della malattia a quest'età e sua progressione, benefici e rischi dei farmaci, effetti sullo sviluppo e prospettive per la futura vita adulta, contesto familiare e sociale del bambino. Come bilanciare tutte le variabili in gioco? Questo è l'oggetto del dibattito tra chi sostiene le ragioni di un atteggiamento più attendista e chi di uno più interventista: posizioni a confronto come quelle di un intervento a due voci su PLos Medicine tra gli esperti Steven B.Welch, di Birmingham, che propende per ritardare la terapia, e D. Gibb, di Londra, a favore invece dell'inizio precoce. Un dibattito che mostra sia differenze di valutazione sia convergenze, queste ultime soprattutto sulla necessità di studi randomizzati per la terapia dell'infezione pediatrica e relativa tempistica, tenendo conto anche delle realtà dei paesi in via di sviluppo e sviluppati.

Le ragioni per rimandare...


Welch riconosce che c'è un consenso crescente per un trattamento precoce e generale dei bambini malati sotto l'anno di età, per fattori quali la suscettibilità a infezioni opportunistiche a rischio sopravvivenza e i danni cerebrali da encefalopatia, e per la conta di linfociti CD4 meno predittiva delle complicanze a quest'età. Tuttavia afferma che si tratta sapendo che l'80% dei casi non avrà una progressione rapida delle malattia; il trattamento si potrebbe perciò ritardare fino a che sia davvero necessario, cioè finché non ci sia evidenza di un beneficio. Non ci sono dati poi sugli effetti cumulativi della ART assunta per decenni, ed effetti collaterali come la dislipidemia e il relativo rischio cardiovascolare dipendono dalla durata della terapia. In carenza di dati, in attesa per esempio dei risultati del Penta 11 study (un network pediatrico europeo per il trattamento dell'Aids), si deve assumere che la terapia una volta iniziata duri tutta la vita, quindi l'unico modo per minimizzare gli effetti indesiderati è non iniziare troppo presto. Altri aspetti sono la bassa aderenza ai farmaci (dovrebbe essere del 95% per avere successo), per inosservanza degli stessi genitori che temono lo "stigma" dei figli e per scarsità di formulazioni pediatriche in sciroppo o compresse a basse dosi, con rischio di rapida selezione di virus resistenti. Nei paesi poveri poi sono d'ostacolo i costi, la conservazione, l'uso corretto dei farmaci. Per tutto questo, conclude Welch, per decidere quando avviare la terapia è razionale considerare le circostanze e aspettative relative al singolo bambino e alla sua famiglia, piuttosto che basarsi rigidamente su valori soglia dei CD4.

...e quelle per trattare subito


Gibb ribatte che per la paura della tossicità della terapia iniziata precocemente e della HIV-resistenza si era passati a fine anni Novanta dall'uso generalizzato dell'ART all'estremo opposto del trattare "il più tardi possibile", mentre negli ultimi otto anni si sono rafforzate le evidenze per l'uso precoce sia negli adulti sia nei bambini. La progressione ed eventi severi (cardiaci, renali, epatici) si verificano a livelli di CD4 maggiori di quanto si pensava, inoltre i timori sulla tossicità a lungo termine sono probabilmente eccessivi, anche le resistenze sembrano meno comuni con i farmaci più evoluti. L'ART nel bambino è ancora più importante che nell'adulto per almeno cinque ragioni: la progressione della malattia è più rapida, il recupero immunitario è migliore perché il timo è più attivo, le infezioni batteriche sono più frequenti e con CD4 più alti, la crescita staturale è migliore se la terapia è più precoce, l'encefalopatia è molto rischiosa in fase di sviluppo cerebrale. Gibb cita poi dati di studi favorevoli e arriva a concludere che la migliore strategia è massimizzare il potenziale dell'ART per abbattere la carica virale e normalizzare sistema immunitario, crescita, sviluppo neurologico, arrivando a un regime semplificato o forse interrompendo nell'adolescenza (lo diranno trial come il Penta 11). Sostiene, quindi, per le linee guida, l'ART generalizzata nel primo anno se c'è disponibilità di diagnosi precoce e una valutazione di costo-efficacia laddove non ci sia.
Ci sono ancora altre valutazioni, pro-attesa (esempio iniziare troppo presto la terapia aumenterebbe il rischio di scarsa risposta virologica e anche di resistenze) e pro-avvio precoce (il rischio di progressione più elevato fino ai cinque anni d'età fa sì che la soglia di CD4 per iniziare l'ART debba essere più alta in considerazione del maggior rischio). Ma alla fine resta la necessità di trial randomizzati sulla tempistica dell'ART nei paesi ricchi o al contrario poveri di risorse e soprattutto per i bambini da zero a cinque anni.

Elettra Vecchia



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