Palla avvelenata

17 dicembre 2004
Aggiornamenti e focus

Palla avvelenata



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Sono 57 i calciatori o ex calciatori italiani affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA), un numero 20 volte sopra la media della popolazione mondiale. Semplice coincidenza? A giudicare dall'ultima intervista rilasciata da Nello Saltutti, ex calciatore recentemente scomparso per infarto, qualche dubbio è legittimo. "Un caffè speciale - racconta Saltutti - si trovava tranquillamente sulla tavola imbandita, in bella vista con i flaconi delle pillole, le boccette con le gocce, flebo modello damigiane e punture a volontà". Ma che cosa c'era dentro flebo, siringhe e thermos che circolavano negli spogliatoi di molte squadre già dagli anni '50? Dubbi a parte, le possibili connessioni tra SLA e assunzione di farmaci o doping, nonostante l'impegno dei ricercatori, non sono ancora state trovate. Da qualche tempo a questa parte, poi, all'interesse scientifico si è unito quello giudiziario. Il pretore di Torino, Raffaele Guariniello, ha, infatti, indagato per scoprire la causa dell'anomalo numero di calciatori morti di SLA. E sono arrivati i primi risultati.

Un pozzo senza fondo


L'inchiesta di Guariniello, cominciata nel 1998 a partire dalla famosa frase di Zeman "il calcio deve uscire dalle farmacie", si è rivelata tutt'altro che facile. Molte le reticenze e le ritrosie da superare nella settantina di persone ascoltate: ex calciatori, tecnici, manager, dirigenti e famigliari di vittime del calcio italiano. La sentenza, giunta alla fine del mese di novembre, ha visto l'assoluzione per Antonio Giraudo, amministratore delegato della Juventus, per il quale l'accusa aveva richiesto due anni e un mese, e la condanna a un anno e 10 mesi per Riccardo Agricola, medico della società bianconera, meno della richiesta dell'accusa. Una sentenza che non fa che confermare, seppur in modo più blando, le parole con cui Guariniello aveva aperto la requisitoria: "l'impiego sistematico di Epo sui calciatori bianconeri è un fatto di grande importanza nell'economia di questo processo perché dimostra la differenza della società Juventus rispetto ad altre società". Nel frattempo, tra l'altro, lo stesso procuratore ha condotto uno studio epidemiologico su un campione di 24 mila calciatori che hanno giocato tra gli anni '60 e il 1996. I risultati? Due gli aspetti della vicenda più allarmanti: l'alta incidenza della malattia, di cinque volte superiore rispetto alla popolazione generale, e l'età media dei casi, intorno ai 40 anni, significativamente più bassa dalla media riscontrata in genere, che è di circa 58 anni. I sospetti, ed è questo il nodo dell'indagine, sono un possibile abuso di farmaci, soprattutto antidolorifici e antinfiammatori, utilizzati per ristabilire in breve tempo i giocatori vittime di traumi. Un'ipotesi che i neurologi stanno prendendo in considerazione. Del resto se si esce dai confini italiani si trovano casi analoghi anche tra gli sportivi statunitensi, come i tre giocatori di football americano recentemente morti della malattia. È vero anche - come sostengono gli scettici - che in altri sport, come il ciclismo o l'atletica, dove la presenza del doping è ormai accertata da tempo, non vi sono stati casi e che ogni anno vengono colpite persone che non hanno mai praticato attività sportiva. Si può perciò davvero parlare di malattia professionale del calciatore, come fatto da Guariniello?

Farmaci, traumi o pesticidi?


Provare a ricercare un collegamento tra le malattie dei calciatori e le varie sostanze da loro assunte durante l'attività agonistica non è facile. Bisognerebbe conoscere che cosa è stato somministrato, con quali dosaggi e per quanto tempo, il problema è che la maggior parte dei calciatori, più per ignoranza che per omertà, non sa quello che prendeva. Un recente studio, pubblicato su Lancet Neurology, ha avanzato l'ipotesi che l'abuso di farmaci antinfiammatori possa condurre alla inibizione cronica dell'attivazione gliale. Una protezione fisiologica fondamentale che può contribuire alla cascata di eventi patologica. Ma la relazione tra risposta infiammatoria, stress ossidativo e apoptosi neuronale (morte del neurone) è ancora tutta da dimostrare. Il problema di un possibile ruolo dei traumi fratturativi, invece, è stato affrontato da uno studio recente dell'Università di Stanford, pubblicato su Neuroepidemiology. Il risultato non ha confermato l'ipotesi, smentendo così un precedente studio degli Archives of Neurology. L'ipotesi eziologica più "suggestiva" tra quelle proposte riguarda, infine, il possibile ruolo dei pesticidi e dei fertilizzanti utilizzati per il prato del campo da gioco. L'ipotesi non è così folle se si pensa alla prevalenza della malattia rilevata tra gli agricoltori, in uno studio epidemiologico condotto in Sardegna. Altri studi sono, comunque, necessari per svelare i meccanismi molecolari che determinano la malattia, le cui cause sono del tutto sconosciute. Per ora - come dichiarato dal pretore Guariniello - l'unico dato certo è che per chi gioca al calcio il rischio di contrarre la SLA è altissimo. Si tratta di scoprire come prevenirlo.

Marco Malagutti



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