I rischi del non convenzionale

26 marzo 2004
Aggiornamenti e focus

I rischi del non convenzionale



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Le cure miracolose e le pozioni magiche appartengono alla storia di secoli passati: ormai per definire l'opportunità di intraprendere una determinata terapia, nel dubbio, si procede con la valutazione del rapporto rischi-benefici. Si tratta di un'operazione necessaria laddove i rischi siano noti, ma anche i benefici non devono essere da meno. La valutazione non è però estendibile a tutti i tipi di terapia soprattutto quando non ci sono le informazioni sufficienti, situazione che caratterizza ancora molte terapie non convenzionali.
Eppure sono molti i pazienti che si rivolgono a questo tipo di intervento, spesso guidati dall'insoddisfazione rispetto alla medicina tradizionale, spesso dalla diffidenza verso i farmaci e i loro effetti collaterali. Ma finora nessuno ha detto che la medicina alternativa non ne abbia, anzi.

Terapie mix


I pazienti che ricorrono alla medicina non convenzionale, tra l'altro, non sono neanche pazienti con un semplice raffreddore: secondo una ricerca americana molti di coloro che hanno il tumore lo fanno. Lo studio, in realtà, era orientato a capire quali fossero le esigenze dell'utenza americana rispetto alle compagnie di assicurazione per la copertura delle spese che tali terapie richiedono. Nell'arco di un anno, su circa 8000 malati di cancro, il 7,1% ricorreva alla naturopatia, all'agopuntura e ai massaggi, l'11,6% alla chiropratica, tuttavia questi interventi non sostituivano le terapie convenzionali, ma piuttosto le integravano. La tendenza sembrava essere associata anche al genere femminile, confermata, peraltro, dalle conclusioni presentate alla conferenza European Breast Cancer che si è tenuta ad Amburgo. Più della metà delle donne colpite da questo tumore usa terapie complementari come integratori vitaminici o preparati a base di sostanze vegetali, ma sono poche quelle che ne conoscono gli eventuali rischi. Nella maggior parte dei casi vengono considerate terapie complementari a quelle tradizionali, ma, per esempio, la terapia Di Bella e la cartilagine di squalo vengono promosse come cure per il cancro quando invece non lo sono.
In alcuni casi, inoltre, è ben nota l'interazione con le terapie in corso: l'iperico, per esempio, usato per trattare la depressione, interferisce con un ampia gamma di farmaci; in altri non è ancora chiaro in quanto mancano test di confronto o di combinazione con i trattamenti standard. Infine, sono stati riconosciuti effetti dannosi in seguito all'uso di miscele di erbe che vanno sotto il nome di Essiac e di formula Hoxley, usati per migliorare le capacità del corpo di combattere il tumore. Riscontrati danni anche con la terapia con il vischio, che dovrebbe stimolare il sistema immunitario, con la cartilagine di squalo che dovrebbe bloccare il flusso sanguigno verso la massa tumorale, e con il laetrile, un composto estratto dal nocciolo di albicocca.

Comunicazione e informazione


Al momento non ci sono evidenze scientifiche che dimostrino l'efficacia delle terapie complementari, ma è noto che alcune di queste possono incidere positivamente sui sintomi. Molti malati di tumore trovano giovamento in termini di qualità della vita con i massaggi, l'aromaterapia, la riflessologia; l'agopuntura, per esempio, riduce il senso di nausea provocato dalla chemioterapia.
Quello che però comincia a essere inammissibile è l'indifferenza di molti medici a questo tipo di medicina. Spesso il pazienti non comunicano al medico se ne fanno uso, sia perché non lo ritengono importante, sia perché temono un parere negativo. E' auspicabile quindi che la formazione dei medici si estenda anche a questo settore quanto meno per avere la possibilità di monitorare l'uso che ne viene fatto dai pazienti ed eventualmente dare risposte adeguate sui rischi e benefici di tali metodi.

Simona Zazzetta



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