Abbronzatura: una questione d'immagine

10 agosto 2021
Aggiornamenti e focus

Abbronzatura: una questione d'immagine



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Un'eccessiva esposizione al sole o alle lampade abbronzanti regala un aspetto sano, ma accelera l'invecchiamento della pelle e aumenta il rischio di ammalarsi di tumori della pelle. Nonostante questo il mito dell'abbronzatura è sempreverde e i mezzi di comunicazione contribuiscono a rafforzarlo, mostrando immagini di donne abbronzate più seducenti che mai. Immagini che finiscono per influenzare l'immaginario femminile, senza che si tenga conto dei non pochi rischi. Ma quali?

Rischiose radiazioni


Quel che fanno gli UV-A è danneggiare le strutture molecolari delle cellule, in particolare quelle del DNA, cosa che a sua volta provoca la produzione di diverse proteine, a cominciare dalle prostaglandine. Queste sono i principali mediatori delle infiammazioni, e alla loro azione si devono i sintomi quali gonfiore (dovuto alla dilatazione dei vasi sanguigni) arrossamento e dolore. A seconda della gravità del danno inflitto al DNA, la cellula può anche andare incontro alla morte, il che spiega come mai la scottatura determini quasi sempre l'esfoliazione della pelle. Ovviamente esistono meccanismi di riparazione cellulare, ma quando questi sono insufficienti è un bene che la cellula muoia. Se sopravvive, infatti, può degenerare in cellula precancerosa o cancerosa. Ecco perché tra i rischi legati all'overdose da tintarella svettano i tumori della pelle. Un pericolo che per gli under 65 aumenta del 20% ma anche gli adolescenti e le persone con la pelle sensibile sono a rischio. Due recenti ricerche sulla psicologia dell'abbronzatura hanno, infatti, evidenziato come sia forte il condizionamento rappresentato dalle immagini pubblicitarie, ma anche come un'adeguata campagna d'informazione sui rischi possa sortire degli effetti positivi.

La pubblicità conta


Nel primo studio a un gruppo di 45 donne è stato chiesto di scrivere riflessioni sulla morte e di indicare le loro preferenze riguardo a diversi tipi di filtri solari con differenti livelli di protezione. La seconda parte dell'indagine è stata effettuata o subito dopo aver scritto o dopo aver portato a termine qualche incarico diversivo. Sembra che le donne intervistate che stavano riflettendo sulla morte abbiano scelto prodotti solari a più alta protezione, un modo per aiutarsi a ridimensionare la minaccia. Tanto più le donne erano distratte, invece, tanto maggiore era la probabilità di scegliere una protezione più bassa. Un modo - sostengono gli psicologi - per aumentare la propria autostima e per proteggersi da eventuali pensieri di morte. Nello studio successivo i ricercatori hanno preso in considerazione solo le pazienti che considerano l'abbronzatura importante per la propria autostima. Anche a queste è stato chiesto di scrivere di morte o di sentimenti di incertezza e di guardare, di seguito, uno spot di un prodotto solare nel quale venisse ritratta una bellissima donna abbronzata al sole o in alternativa un pallone da spiaggia. I ricercatori hanno osservato che l'immagine della donna abbronzata è più convincente e favorisce l'acquisto dei prodotti solari. La conclusione dei ricercatori, pubblicata sulla rivista Personalità and Social Psychology Bulletin, è scontata. I sentimenti femminili rispetto all'abbronzatura sono fortemente condizionati dalla loro autostima e da come l'oggetto è rappresentato dai media. Curiosa - continuano i ricercatori - anche la relazione con i pensieri inconsci di morte. Il comportamento cambia a seconda che la morte sia al centro dell'attenzione conscia o meno e dal tipo di coinvolgimento di fattori come gli standard sociali e l'autostima. Del resto un'analoga ricerca presentata a Copenaghen, nel corso della European Cancer Conference, ha evidenziato come tra i patiti della tintarella senza limiti figurino spesso anche oncologi e personale medico, perfettamente informati sui pericoli dei raggi UVA. Dalle risposte a un questionario è, infatti, emerso come spesso i "professionisti del cancro" predichino bene ma razzolino male, adottando comportamenti sbagliati nonostante diano corretti suggerimenti ai loro pazienti. Quando si dice da che pulpito viene la predica...

Marco Malagutti



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