Chi ci guadagna davvero?

19 luglio 2006
Aggiornamenti e focus

Chi ci guadagna davvero?



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I costi per il risarcimento dei danni provocati da un errore del medico rappresentano, in genere, una minima parte dei costi sanitari complessivi di una nazione. Indirettamente, però, essi possono "trainare" altri costi, in termini di ricadute su qualità e spesa sanitarie, certo più consistenti. Questi costi indiretti variano anche in base al tipo di regime legale in vigore, come evidenzia il confronto tra sistemi giuridico-assicurativi diversi, da cui è possibile trarre suggerimenti per manovre correttive atte al loro contenimento.
Ci provano, infatti, gli autori della più recente review in materia, pubblicata da Lancet, senza peraltro trovare una soluzione univoca. Tuttavia schematizzano con estrema precisione ed efficacia le evidenze, favorevoli e non, emerse dalle esperienze di Australia, USA e Gran Bretagna.

Impennata di cause


Molti sistemi assicurativi sono entrati in crisi dopo che, negli ultimi anni, hanno dovuto sostenere la crescita esponenziale di cause e relativi risarcimenti.
Nel solo stato australiano di New South Wales, nel 2001, è stato messo in liquidazione provvisoria il HIH Insurance Group, seconda compagnia assicurativa per dimensioni, nonché riassicuratore di molte organizzazioni per la difesa dei medici. L'anno successivo l'organizzazione di tutela dei medici, che copriva il 90% dei professionisti, ha subito la stessa sorte. Nel frattempo, in soli 5 anni, i premi assicurativi a carico dei medici erano raddoppiati.
Negli Stati Uniti il costo dei premi assicurativi dal 2000 in poi è andato alle stelle, con aumenti annui di almeno il 30%. In Florida, per esempio, la polizza delle ostetriche è salita da 143mila a 203mila dollari nel corso del 2001.
Stessa tendenza nel Regno Unito, anche se il costo assoluto è inferiore, dove si è passati da 242 milioni di sterline del 1998-99 a 446 milioni nel 2002, spesi in cause intentate per negligenza dei sanitari.
Così ciascun governo si è interrogato sull'appropriatezza del proprio sistema di responsabilità medica/perseguibilità dell'illecito, per capire se e come il sistema stesso andasse corretto.

Difendere non è prevenire


Dalla revisione di Lancet emerge una chiara tendenza verso la "medicina difensiva" in presenza di leggi centrate sulla punibilità del danno. In pratica, il medico si discosta da ciò che sarebbe nell'esclusivo interesse del paziente, per indirizzare le sue decisioni diagnostico-terapeutiche verso situazioni al riparo dal rischio di eventuali danni. Nella peggiore delle ipotesi il medico eviterà di trattare certe patologie, rimandandole ad altri colleghi o rifiutando certi pazienti; nell'ipotesi migliore, invece, per eccesso di zelo finirà per prescrivere indagini e cure inutili. Così da "pararsi le spalle". Questo eccesso di cautela è favorito dal fatto che, né il medico né il paziente, ne sostengono poi gli effettivi costi, generalmente a carico dei servizi sanitari nazionali e soggettivamente, anche se per motivi opposti, percepiscono come molto "caro" il costo di un'eventuale negligenza.

Ipotesi correttive

In Australia è stato introdotto, tra il 2001 e il 2003, un tetto al risarcimento dei danni patrimoniali e, in 5 degli 8 Stati, anche per i danni da dolore evitabile. Nel distretto di New South Wales, dove questa e altre misure sono entrate in vigore nel marzo 2002, il numero di cause è sceso da 20.784 (nel 2001) a 12.686 (2002).
La legislazione britannica accetta il principio di Bolam-Bolitho, secondo il quale il medico può difendersi dalle accuse di negligenza se dimostra di aver operato secondo la pratica comunemente accettata al momento dei fatti. Negli Stati Uniti il medesimo principio è valido ma può essere respinto dal giudice. Nessuna apertura, invece, verso le linee guida di pratica clinica, considerate ancora dai sistemi giudiziari come "sentito dire" e, di conseguenza, non ammissibili.
Gli onorari degli avvocati di parte civile negli Stati Uniti sono calcolati in percentuale sul risarcimento ottenuto. All'opposto Regno Unito e Australia proibiscono questo accomodamento, lasciando però liberi gli avvocati di condizionare il proprio compenso all'andamento della causa.
Inserire dei limiti al lievitare delle parcelle riduce il numero di cause, a favore di quelle dettate da motivazioni più concrete, ma per ora lo dimostrano solo esperimenti isolati, effettuati nelle tre nazioni in esame.
Le opzioni per ridurre la conflittualità sono molte, e civilmente discutibili, anche se gli stessi autori dell'articolo dubitano che un tema tanto influenzabile dal fattore umano, come giustamente è quello del diritto/dovere di cura, possa essere ricomposto solo emanando norme scritte.

Elisabetta Lucchesini



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