Italiani in buona salute, ospedali meno

17 maggio 2006
Aggiornamenti e focus

Italiani in buona salute, ospedali meno



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Come si sente? Bene, grazie. Questa la risposta data alla domanda “Come va in generale la salute?” dal 75,4% delle persone intervistate dall’Istat nel 2003 – ultimo dato disponibile. Un anno prima a dichiarare di sentirsi in buona salute era stato il 74,7%. Gli uomini (78,8) dichiarano di essere in buona salute più delle donne (72,1). Tuttavia il 35,9% ha dichiarato di soffrire di una o più malattie croniche. A farla da padrone in questo campo sono è l’artrosi-artrite che nel 2003 interessava il 18,9%, l’ipertensione (12,9) e le malattie allergiche (8,5), che risultano aumentate o stabili rispetto alla rilevazione precedente. Questi dati sono stati resi noti, a Roma, da Giovanni Mathieu, presidente della Fadoi (Federazione associazioni dirigenti ospedalieri internisti), durante la conferenza stampa di presentazione dell’annuale rapporto dal titolo “l’Italia dice 33”. Purtroppo le malattie croniche prima o poi costringono il paziente a recarsi in ospedale. Il 10 per cento di loro, però, viene rigettato da reparti saturi e incapaci di fare fronte alla richiesta di assistenza. Per questo può capitare di dover attendere il proprio turno in una barella “abbandonata” in corsia per ore o giorni interi in attesa che un posto letto sia disponibile o costretti ad affidarsi ad altre strutture che spesso non sono nemmeno nella stessa città. “Questa è una situazione - afferma Mathieu - che necessita di una programmazione adeguata e seria, che tenga conto dei reali bisogni dei cittadini e dei cambiamenti che hanno investito la società italiana”. Tra questi, una popolazione sempre più anziana che deve fare i conti con gli “acciacchi” dell'età. E che, soprattutto, non può esser lasciata sola ad attendere che un posto letto si liberi.

Spezzo il reparto non è quello adeguato


“Una vera e propria vergogna - denuncia Francesco D'Amore dell'ospedale Sandro Pertini di Roma e tesoriere Fadoi - e che non ha registrato alcun miglioramento da quando sono entrato in ospedale, ormai 40 anni fa e, anzi, è andata peggiorando a causa dei tagli di posti letto imposti da ragioni economiche”. Un problema che angustia l'intero territorio nazionale “ma destinato a cronicizzarsi nelle metropoli e nelle grandi città”, puntualizzano gli esperti. In alcune realtà ospedaliere andrebbe riorganizzato dalle basi la gestione dei posti letto e non solo a livello degli ospedali e dei reparti di terapia intensiva. In Italia – è stato ricordato – sono quasi assenti quelle strutture sanitarie in cui i pazienti usciti dalla fase acuta potrebbero ricevere assistenza al di fuori degli ospedali.
Antonino Mazzone, Presidente Eletto della Fadoi ha puntato il dito anche sul problema del dirottamento dei pazienti fuori dai reparti di medicina interna. “ Vorrei partire dal disagio dei pazienti affetti da polipatologie che in presenza di una acuzie necessitano di un ricovero urgente. Ebbene, mediamente almeno dieci pazienti al giorno sono costretti al ricovero in Divisioni diverse dalla Medicina interna. Un malato – ha spiegato Mazzone – che deve essere assistito, perché diabetico o perché ha l’insufficienza respiratoria o è iperteso o soffre di uno scompenso cardiaco, viene “appoggiato” in un’altra Divisione che può essere quella di Ortopedia come pure di Urologia. Questo paziente ha bisogno, per le sue condizioni di salute, di professionalità e competenze specifiche che nel Reparto dove viene “appoggiato” non ottiene. I medici e gli infermieri che operano nelle Divisioni costrette ad ospitare malati che avrebbero dovuto ricevere un ricovero in Medicina interna sono di alta qualificazione professionale ma specializzati a trattare patologie diverse”.

Anche per questo aumentano i ricoveri


Questa situazione – hanno concluso gli intervenuti – innesca un circolo vizioso che obbliga i pazienti a effettuare ricoveri ripetuti per il riacutizzarsi di una malattia a decorso cronico. Secondo il Ministero della Salute la percentuale di ricoveri ripetuti nelle divisioni di medicina generale in Italia nel 2003 è stata del 26,6%. di sopra del dato nazionale il Friuli Venezia Giulia (36,4); la Provincia Autonoma di Bolzano (34,4); la Toscana (32,5); la Liguria (30,8); l’Emilia Romagna (28,7); l’Umbria (28,0); le Marche (27,6); il Veneto (27,3); la Lombardia e la Sardegna (26,8). Al di sotto della media nazionale la Puglia (25,7); il Piemonte (25,0); la Provincia Autonoma di Trento (24,7); la Valle d’Aosta e la Sicilia (23,8); la Campania (23,7); il Lazio (23,6); l’Abruzzo (23,1); il Molise e la Basilicata (22,2); la Calabria (20,7).

Gianluca Casponi



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