Emergency

20 giugno 2008
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Quando a marzo scorso sono tornato dall'Afghanistan non pensavo che si sarei andato di nuovo così presto. Tornavo da un paese condannato da anni a essere marchiato da un aggettivo: "dimenticato". Dimenticata la guerra dalla quale è lacerato da più di venti anni, dimenticata Kabul, pietrificata in un ammasso di macereie brulicante di vite disperate, dimenticate le mine (più di undici milioni in una stima per difetto) che ne impestano tutto il territorio, dimenticati i bambini che delle mine sono il pasto principale, fatto di morte e mutilazioni. Forse l'orrore che avevo visto in quei giorni a Kabul e nel Panshir premeva anche dentro di me per essere allontanato, rimosso. Ma altre immagini, di umanità, civiltà, amore mi legano all'Afghanistan.Le immagini dell'ospedale di Emergency, di Gino Strada (sì proprio il medico che il nostro presidente del consiglio sostiene avere le idee confuse) delle sue mura bianche e pulite che spiccano nello sfacelo di macerie di Kabul, delle file di donne coperte dal burka che venivano a ritirare il modulo per potervi lavorare e riacquisire così una speranza di identità e dignità. Le immagini dell'altro ospedale dall'altra parte del fronte, nel Panshir, costruito portando a dorso di mulo il materiale sanitario e riutilizzando addirittura pezzi di vecchi carrarmati russi, dei pigiami puliti indossati dai feriti innocenti di una guerra infinita. E' difficile raccontare un miracolo fatto di fantasia, intelligenza e soprattutto amore. Da quegli ospedali si dipana una rete di socialità e civiltà che rende possibile il dialogo, la conoscenza reciproca, il rispetto tra noi e il popolo dell'Afghanistan e anche tra gli afghani stessi. Uno spazio concreto per la pace. A marzo disegnai sui muri dei padiglioni per i bambini dell'ospedale di Emergency a Kabul pupazzi, buffi fiori con la faccia, uccelli, palloncini e pesci. "E' importante - mi diceva Gino Starada - che questi bambini abbiano la possibilità, se pur feriti e menomati, di vedere qualcosa di allegro, di bello, di diverso dalle macerie e dalla guerra. Li aiuta a guarire". Nell'Afghanistan dei taleban ogni immagine è vietata, quei disegni sono forse gli unici di tutto il paese. Li ha colorati un pittore afghano, rischiando terribili punizioni nel caso fosse stato scoperto. "Hai dipinto il mare di verde pisello - gli disse Gino Strada guardandolo all'opera - possibile che tu non abbia mai visto il mare?". "No, non l'ho mai visto" rispose lui. Sono di nuovo in partenza per l'Afghanistan, non più "Afghanistan dimenticato", perché ora è al centro dell'attenzione internazionale, ora è un obiettivo militare. Mi porterò una foto del mare da mostrare al pittore di Kabul. Voglio tornare in quegli ospedali, raggiungere Gino Strada, tentare di raccontare da là la pace quando tutto parla di guerra.

Vauro

Il sito di Emergency



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