Quando la risonanza esce dal tunnel

23 febbraio 2007
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Quando la risonanza esce dal tunnel



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Quando si tratta di camici bianchi, ospedali e salute, gli strumenti diagnostici di varia natura diventano fonte di ansie e paure, da una parte per il risultato, dall'altra per la metodica più o meno invasiva. Tra quelle meno invasive, ma non per questo meno ansiogene, spicca la risonanza magnetica. Viene eseguita grazie a un dispositivo piuttosto grande dotato di uno scanner attraverso il quale passa il paziente che disteso su un lettino entra in una sorta di tunnel e resta lì, immobile, per circa 30-40 minuti, in attesa delle indicazioni dell'operatore.

Non invasiva ma ansiogena


L'operazione è di per sé indolore e non invasiva, ma il tempo passato in uno spazio angusto e rumoroso può diventare eternamente lungo e problematico in situazioni specifiche. Per esempio quando ci sono difficoltà riconosciute come la claustrofobia, che nei casi gravi è incompatibile con l'esame. Ma anche per chi soffre di ansia o chi semplicemente non ama stare al buio in un luogo chiuso. Difficoltà oggettive si incontrano con i pazienti pediatrici: difficile tenere un bambino fermo, in un luogo del genere lo è ancora di più e può richiedere il ricorso all'anestesia generale. Altrettante riguardano soggetti obesi per i quali lo spazio disponibile (e necessario per eseguire la risonanza) è insufficiente.

Ambienti favorevoli


La tecnologia diagnostica ha dato una risposta a queste difficoltà elaborando un dispositivo che permette di eseguire l'esame in uno spazio aperto, eliminando il tunnel di scansione. Il sistema diventa quindi una risonanza magnetica aperta di cui si è dotata l'Azienda Ospedaliera di Lodi, prima struttura pubblica in Italia ad averne adottato uno. Lo strumento acquistato è stato elaborato da Philips e viene completato da un ambiente appositamente studiato. Per la sua installazione è stata creata una piccola ala dell'ospedale dedicata e progettata da architetti designer e tecnici che hanno combinato funzionalità e comfort. Lo spazio appositamente creato serve anche per poter fruire del sistema chiamato Ambient Experience. Il paziente entra così in una stanza con la sensazione varcare una soglia che lo porta fuori dall'ospedale: sceglie un colore, un'immagine e i suoni, e una volta all'interno della stanza, grazie all'illuminazione diffusa, si trova avvolto dalla tonalità scelta e dalle immagini animate proiettate sulle pareti che variano dalla spiaggia tropicale al prato di montagna fino a cartoon per i più piccoli. Suoni corrispondenti all'immagine lo accompagnano per tutta la durata dell'esame. In queste condizioni, dicono gli psicologi, immagini, suoni e colori, distraggono il soggetto dallo strumento e lo mettono in condizioni di accettare di restare fermo per il tempo necessario. Il lettino su cui il paziente si distende scorre all'interno dello scanner aperto su tutti i lati. Questo permette, per esempio, alla mamma di restare in contatto con il bambino, di superare le difficoltà dei casi specifici e di ipotizzare anche una risonanza di tipo interventistico al pari di un'ecografia.
La risonanza magnetica aperta e le sue apparentemente futili innovazioni, a parità di efficacia diagnostica, rappresentano un ulteriore passaggio verso l'umanizzazione della medicina e degli ospedali. Significa andare incontro alle difficoltà individuali e considerare il paziente nella sua complessità di persona e non solo del suo quadro clinico.

Simona Zazzetta



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