Tempisti con l'alcol

15 febbraio 2008
Aggiornamenti e focus

Tempisti con l'alcol



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Che si tratti di un problema al centro dell'attenzione lo si capisce chiaramente dal "Piano nazionale alcol e salute" voluto dal ministro della Salute. Un provvedimento che ha da poco avuto il via libera definitivo e con il quale si punta ad aumentare la consapevolezza del rischio connesso con il consumo di bevande alcoliche nella popolazione generale e in alcune fasce particolarmente esposte come anziani, donne e giovani. Con la massima sorveglianza sui problemi alcol correlati, incidenti in particolare. Ma per affrontare il problema alcolismo nella maniera migliore non si può prescindere dalle informazioni epidemiologiche. E a giudicare dallo studio pubblicato sugli Archives of General Psychiatry, le informazioni epidemiologiche, negli Stati Uniti almeno, mancano. Il risultato è che il trattamento dell'alcolismo inizia tardi. Troppo.

Alcolismi e comorbidità


Il problema è articolato. C'è l'abuso e la dipendenza, ma ci sono anche tutti i problemi correlati, dagli incidenti alle violenze domestiche, dagli aspetti neuropsicologici a quelli economici. Avere un quadro epidemiologico, premettono i ricercatori sulla rivista statunitense, dà un quadro importante dei bisogni rispetto sia alla terapia sia alla prevenzione e in più offre una buona prospettiva per definire le cause sia psicologiche sia psicosociali dell'alcolismo. Ma le informazioni epidemiologiche devono essere accurate e aggiornate. Così non è, visto che molti aspetti sono sconosciuti. Esempi? Per cominciare eventuali disparità potenziali in gruppi svantaggiati o in coorti di nascita, cioè sulle fasce d'età e sulle provenienze etniche degli alcolisti. Poi non ci sono informazioni accurate sulle comorbidità, mentre è fondamentale capire il legame tra abuso e dipendenza da alcol e altri problemi psichiatrici. In più molte indagini sottovalutano l'aspetto della dipendenza rispetto a quello dell'abuso, tralasciando così molti casi. Infine poco si sa sui trattamenti e sulla loro efficacia nel tempo.
Un'ecatombe cui lo studio pubblicato sugli Archives cerca di far fronte, utilizzando i dati provenienti dal NESARC (National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions). I risultati non sono incoraggianti.

Lo studio


Quasi il 30 per cento degli statunitensi soffrirà di dipendenza o abuso da alcol a un certo punto della sua vita, due condizioni debilitanti sia dal punto di vista fisico sia da quello psicologico se lasciate non trattate. Eppure nonostante questa prevalenza pochi vengono adeguatamente curati. I dati presi in esame dai ricercatori della Columbia University riguardano 43093 interviste faccia a faccia con adulti scelti in rappresentanza della popolazione nazionale. Ebbene il 4,7 per cento dei partecipanti ha un disturbo legato all'abuso di alcol e il 3,8% è stato considerato alcol-dipendente un anno prima che lo studio avesse inizio. Dei partecipanti alcol-dipendenti, solo il 24,1 per cento ha ricevuto un trattamento, ma questo è successo in media otto anni dopo che è cominciata la condizione. Eppure le terapie esistono e funzionano. Forse, commentano i ricercatori, bisognerebbe iniziare ad affrontare i problemi di dipendenza con la stessa determinazione con cui vengono trattati il diabete o l'ipertensione.

Marco Malagutti



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