Botte da sbronzi

30 gennaio 2009
Aggiornamenti e focus

Botte da sbronzi



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I danni provocati dall'alcool non si limitano a colpire solo chi ne usa e abusa, dal danno organico fino al suicidio, ma molto spesso comportano danni gravi o fatali a terzi. Gli incidenti stradali causati da guida in stato di ebbrezza ne sono l'esempio più eclatante e più drammatico: traumi e invalidità sono gli esiti più probabili, declinabili fino al decesso delle persone coinvolte.

Alterazione di coscienza


Ma la lista dei danni si allunga se si prendono in considerazione anche aggressioni e lesioni intenzionali a persone o a proprietà altrui, provocate da uno stato alterato dovuto all'abuso di alcool, che necessitano di ricovero o di richiesta di intervento di emergenza e che possono concludersi con gli stessi esiti di un incidente stradale. Ma mentre le statistiche degli incidenti stradali da esso provocati sono piuttosto semplici da verificare, soprattutto quando fanno notizia e diventano un filone della cronaca nera. L'informazione sulle aggressioni violente e intenzionali è meno capillare, anche se esistono dati raccolti nei penitenziari o nelle aule dei tribunali, ma anche nei reparti di pronto soccorso degli ospedali. Per esempio, è stato osservato che il rischio di commettere un crimine violento è 12 volte più alto se nelle 24 ore precedenti si è consumato alcool. L'alcool è la sostanza psicoattiva più venduta e consumata e di facile accesso nel mondo occidentale e, come molte altre sostanze, altera lo stato di coscienza e la capacità di valutazione e d'interpretazione delle espressioni facciali degli altri ed espone chiunque al rischio di essere spintonato, colpito e assalito.

Vendita incentivante


L'esistenza di una relazione vera e propria tra il consumo di bevande alcoliche e la violenza intenzionale e gratuita, è stata verificata da uno studio condotto in Canada. In particolare, i dati sono stati raccolti nell'Ontario dove la maggior parte dell'alcool viene venduto in negozi che devono rendere conto al governo provinciale e gli ospedali sono finanziati dal sistema sanitario regionale. Oltre a rendere più semplice il reperimento delle informazioni, la fonte unica garantiva anche omogeneità metodologica. Il consumo di alcool è stato misurato con i dati delle vendite, registrate tra il 2002 e il 2004, di una catena di negozi, la LCBO, specializzata in superalcolici, birre e vini e maggior venditore di alcolici della regione. I dati sulle aggressioni invece provengono dai reparti di cure intensive degli ospedali dell'Ontario, relativi a tutte le vittime di aggressioni violente con più di 13 anni. Il numero di casi è risultato già abbastanza cospicuo: 3212 vittime, e per ognuna di esse veniva valutato il volume di vendite nei LCBO più vicini a dove era accaduta l'aggressione. E l'analisi estesa a tutti i casi ha dimostrato che l'aumento delle vendite del 13% era associato a un aumento del rischio relativo che si verificassero aggressioni per ogni mille litri di alcolici venduto al giorno in ogni punto vendita. Nel picco di vendite registrato tra luglio e dicembre il rischio di ricovero per aggressioni aumentava a 1,41 rispetto al periodo di vendite più basse. Inoltre distinguendo tra superalcolici, vino e birra il rischio passava da 1,26 a 0,99 e la maggior parte dei casi (47,7%) erano risse senza armi, anche se il rischio che fossero associati al consumo di alcool era basso (1,09). Per i casi in cui le lesioni erano dovute ad armi da taglio o di altro genere, il 35,8%, era associato a un rischio relativo di 1,31 per ogni mille litri di alcool in più venduto. Come immaginabile, a maggior rischio erano gli uomini (1,18) rispetto alle donne (0,89), la fascia di età adolescenziale (13-20 anni) era più a rischio come pure le aree urbane più centrali (1,19). Se questa analisi possa rispecchiare davvero cosa accade nella realtà gli stessi autori se lo domandano e sollevano il dubbio sul fatto che il volume di vendite di alcolici possa veramente misurare il consumo di alcool. In ogni caso, i dati raccolti e la correlazione tra essi conferma e suggerisce che l'alterazione cognitiva associata all'alcool è un aspetto importante nelle aggressioni volontarie e nei danni non accidentali ma anche un elemento di forte socializzazione nei gruppi a maggior rischio, come i giovani che vivono nelle aree urbane.

Simona Zazzetta



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