Spot alcolici da evitare

11 gennaio 2006
Aggiornamenti e focus

Spot alcolici da evitare



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Se si chiedesse a un gruppo di ragazzi di elencare quali sostanze conoscono e quali ritengono potenzialmente dannose, pochi si ricorderebbero di nominare l'alcol. Segno di una diffusa cultura, frutto spesso delle abitudini familiari, che presenta l'alcol in modo ambiguo. Il risultato è che, mentre da una parte si nota una stabilizzazione del consumo medio pro-capite per la popolazione adulta, dall'altra si assiste a un preoccupante incremento dell'uso o dell'abuso di bevande alcoliche fra i giovani. Qualche esempio? In Italia ne fanno uso 800000 under 16 e l'alcol rappresenta il primo fattore di rischio per invalidità, mortalità prematura e malattia cronica tra i giovani ed è la causa della morte di un ragazzo su quattro tra i 15 e i 29 anni. L'alcol, infatti, provoca direttamente o indirettamente il 10% di tutte le malattie, il 10% dei tumori, il 63% delle cirrosi epatiche. Ma all'alcol si possono attribuire anche il 41% degli omicidi e il 45% degli incidenti nonché il 9% delle invalidità e delle malattie croniche. Secondo l'OMS i costi annuali, sociali e sanitari, sostenuti a causa di problemi collegati all'alcol sono pari al 2-5% del prodotto interno lordo. In più l'Italia ha il primato negativo dell'Unione Europea, visto che le prime bevute si fanno già a 11 o 12 anni. Quanto basta per rendere l'alcol una delle sostanze più dannose, se abusata. Ma come invertire questa tendenza? Se ne è occupato uno studio, pubblicato sugli Archives of Pediatric and Adolescent Medicine, che si è soffermato sul ruolo svolto dalla pubblicità di bevande alcoliche.
E non è un ruolo da sottovalutare.

Pubblicità nocive


Una cosa non è in discussione, esordiscono i ricercatori statunitensi: i giovani negli Stati Uniti sono sottoposti a molta pubblicità sugli alcolici. Uno studio del Center on Alcohol Marketing and Youth, condotto sui giornali nel 2003 ha riscontrato che i giovani tra i 12 e i 20 anni sono stati esposti a pubblicità di birra in una misura del 48% superiore rispetto agli adulti in "età legale" per bere, percentuali analoghe per altri superalcolici, con un dato eclatante, 92%, per i cosiddetti alcopops, ossia aperitivi in bottiglia o cocktail. Esaminando le riviste statunitensi emerge poi che le pubblicità di alcolici appaiono più frequentemente nelle riviste a target adolescenziale. E il trend è in crescita. Dal 1997 al 2001 c'è stata 1,6 volte più pubblicità per ogni milione di lettori tra i 12 e i 19 anni. Un trend analogo si osserva, poi, anche nelle tv o alla radio. La domanda che si sono fatti i ricercatori è: quanto le pubblicità condizionano l'approccio all'alcol dei giovani? I produttori di bevande alcoliche, come già nel passato hanno fatto le multinazionali del tabacco, hanno sentenziato che la pubblicità non influenza il consumo di alcol tra i giovani. Ma mancano le conferme. Lo studio cerca di colmare questa lacuna ed è di fatto la prima volta che un campione longitudinale di giovani negli Stati Uniti è stato studiato. Ma come si è svolto? Il team ha intervistato un campione di giovani tra i 15 e i 26 anni, quattro volte dal 1999 al 2001, suddividendo l'analisi in più fasi: 1872 adolescenti intervistati nella prima fase, 1173 nella seconda, 787 nella terza e 588 nella quarta. In parallelo poi sono stati raccolti i dati riguardanti le spese pubblicitarie effettuate su tv, radio e giornali. I risultati parlano chiaro. Più pubblicità corrisponde a un maggior consumo di alcol. Negli ambienti presi d'assalto dai cartelloni pubblicitari, un giovane di 25 anni arriva a consumare fino a 50 drink al mese. Più chiaro di così. I risultati, commenta l'editoriale, mettono in evidenza come, a fronte del parere dei produttori, l'esposizione a un aggiuntivo messaggio pubblicitario sia correlata a un aumento dell'1% del bere e analogamente ogni dollaro di pubblicità in più porti a un aumento del 3% nel consumo minorile di alcol. L'aspetto vincente della pubblicità sembra essere il messaggio di positività e di successo che ne emerge. Due gli obiettivi perciò. Da una parte ridurre la facilità di accesso dei giovani alle bevande alcoliche, per esempio con leggi più restrittive sull'argomento o con l'aumento dei prezzi delle bevande, dall'altra ridurre l'appeal dell'alcol sui giovani. E per farlo servono campagne mirate dei media. Ma il ruolo centrale è rappresentato da chi produce le bevande alcoliche: saranno sensibili all'argomento?

Marco Malagutti



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