L'operazione? Vietata ai fumatori

10 gennaio 2007
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L'operazione? Vietata ai fumatori



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Non c'è tregua per i fumatori, ormai avviati a diventare razza protetta. Mentre alle nostre latitudini continua la campagna anti-fumo e il ministro Turco auspica un nuovo piano per la lotta contro il fumo con incentivi alle aziende private che aiutino i propri dipendenti a smettere, esenzioni per i farmaci anti-fumo e campagne di informazione nelle scuole, in Gran Bretagna la lotta contro i fumatori si fa persino più dura. Dopo il provvedimento di innalzamento da sedici a diciotto anni per la vendita di sigarette, si fa, infatti, sempre più netto lo scontro tra il fronte proibizionista e quello anti-proibizionista. Ne è la prova l'ultimo numero del British Medical Journal dove si parla della possibilità di mettere i fumatori in coda alle liste d'attesa per specifici interventi chirurgici, allo scopo di contenere i costi. La rivista riporta i pareri opposti di due medici sull'argomento che non può che dividere.

Perché sì


La posizione favorevole, rappresentata da Matthew Peters e destinata a maggiore impopolarità, parte dal presupposto che non riuscire a smettere di fumare prima di un intervento può condizionare l'esito dello stesso. A parità di condizioni, infatti, i costi sono maggiori e gli esiti spesso peggiori. Ecco perché, afferma Peters, in sistemi sanitari con risorse limitate preferire l'intervento ai non fumatori per un numero limitato di procedure non può che portare beneficio all'individuo e alla comunità. Le complicazioni più comuni per i fumatori sono a carico del cuore e dei polmoni, dei tessuti nonché del sito chirurgico soggetto a più infezioni. Ecco perché, laddove sia stato fatto tutto il possibile per incoraggiare a smettere di fumare, è etico e responsabile implementare una politica in base alla quale per chi non smette la priorità di intervento è inferiore. Una simile politica dovrebbe essere limitata a procedure dove l'evidenza del danno operatorio è maggiore. Esempi? La chirurgia plastica e ricostruttiva e quella ortopedica. Del resto esistono studi che evidenziano come smettere di fumare sia decisamente vantaggioso, per esempio per il rischio infettivo, che cala significativamente. E questo per la difficile ricostruzione dei tessuti. Si finisce così per dover rioperare, per prolungare la permanenza ospedaliera, per raddoppiare i tassi di riammissione. L'effetto è un aumento dei costi diretti del 38% per ciascun soggetto sottoposto a intervento. E tutto a detrimento degli altri pazienti. In più incorrerre in rischi per interventi che non sono salvavita, come quelli di chirurgia plastica, non è accettabile oltreché illogico, secondo Peters. Chiaramente dice il fautore della penalizzazione per i fumatori, il discorso non vale per situazioni nelle quali il fumo è la causa della malattia.

Perché no


La risposta è di Leonard Glantz ed è assolutamente intransigente: un simile provvedimento sarebbe una discriminazione inaccettabile. Uno degli aspetti più nobili della professione medica, dice Glantz, è la devozione ai pazienti. Vengono operati anche i soggetti esclusi dalla società, terroristi, assassini, nemici di guerra. E non si vogliono operare i fumatori? Forse lo zelo antifumo che ha investito il mondo occidentale sta prendendo il sopravvento anche tra i medici, osserva lo scettico Glantz. La strategia è la stessa delle multinazionali del fumo che sostengono che i fumatori scelgono consapevolmente e volontariamente il rischio che corrono. Ecco che in brevissimo tempo i fumatori sono diventati da vittime del tabacco e delle multinazionali, perpetratori di male contro gli altri. In più, osserva il medico inglese, chi appartiene alla classe dei fumatori? E' uguale chi fuma occasionalmente un sigaro a chi fuma 40 sigarette al giorno. E poi molti fumatori sottoposti a intervento non hanno avuto alcuna complicazione. La relazione medico-paziente si basa sulla collaborazione. Il medico determina rischi e benefici di un intervento, informa i pazienti che decidono il da farsi. La decisione se caricarsi o meno di un ulteriore rischio va lasciata ai pazienti. E anche l'argomento costi non regge. I pazienti non hanno nessun obbligo di presentarsi sani come condizione per ricevere un trattamento. Non devono, infatti, andare in fitness club, ne perdere peso. E con la stessa logica applicata ai fumatori anche i non fumatori rappresentano un costo al sistema sanitario per altre ragioni. Se, per esempio, si decidesse di non intervenire su chi si fa male durante la pratica sportiva? La discriminazione verso i fumatori sta prendendo il sopravvento e viene addirittura incoraggiata da queste proposte, a tutto svantaggio dell'auspicabile società tollerante e pluralista.

Marco Malagutti



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