Sclerosi multipla, Ccsvi sotto esame

10 febbraio 2011
Aggiornamenti e focus

Sclerosi multipla, Ccsvi sotto esame



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di Marco Malagutti

Un dato su tutti è sintomatico della mobilitazione generata dal metodo Ccsvi per la cura della sclerosi multipla, il cosiddetto metodo Zamboni. Il gruppo nato su Facebook a sostegno, complici anche alcune campagne televisive, ha raccolto quasi 30.000 persone nel giro di brevissimo tempoed è diventato il principale raccordo tra malati e parenti. Ma la popolarità porta con sé anche dei rischi, come il metodo Di Bella insegna, ed è per questo che lo stesso Paolo Zamboni, il chirurgo vascolare ferrarese cui si deve il metodo, si affretta a precisare «il messaggio da dare ai malati è quello che non ci dobbiamo attendere una cura per la disabilità. Abbiamo osservato che ci sono dei segnali di miglioramento della qualità della vita, per esempio nell'affaticamento cronico o nella perdita della memoria. Noi, al massimo, vogliamo aiutare a prevenire la disabilità, attraverso questo trattamento che si aggiunge alla terapia farmacologica da non interrompere». La novità del momento è rappresentata dal reclutamento dei primi pazienti per lo studio dell'Associazione italiana sclerosi multipla (Aism) sulla Ccsvi. Con 2000 persone coinvolte lo studio di Aism e della sua Fondazione (Fism) sulla Ccsvi rappresenta il più ampio studio epidemiologico e multicentrico sul fattore di rischio, ma non si tratta della sperimentazione vera e propria del trattamento. O almeno non di quello riconosciuto dallo stesso Zamboni. La "vera" sperimentazione, che coinvolgerà su tutto il territorio nazionale circa 560 pazienti, è stata già approvata dal comitato etico dell'ospedale S.Anna di Ferrara che coordinerà una decina di centri in tutto il paese. Ma ancora il protocollo di sperimentazione non è partito. Stessa sorte anche per la sperimentazione nelle Marche che riguarderà circa 250 pazienti. Intanto alcuni ospedali, come le Molinette di Torino, hanno avviato già da ottobre le procedure per la liberazione delle vene. Ma in che cosa consiste il metodo Zamboni e quali sono stati i risultati incoraggianti?.

La sclerosi multipla è una malattia autoimmunitaria, nella quale la guaina di rivestimento dei nervi, la mielina, si danneggia perché colpita per errore dal sistema immunitario. Il meccanismo è tutto ciò che della malattia si è riusciti a ricostruire, nonostante decenni di ricerche, ed è bastato a trovare terapie farmacologiche che frenano l'aggressione. Quando però ci si interroga sulle cause della sclerosi multipla, che colpisce 60mila italiani e 2,5 di persone milioni nel mondo, si fanno delle ipotesi che spaziano da quella genetica a quella virale. E se la causa fosse di natura cardiovascolare, anziché neurologica? È il dubbio avanzato da Zamboni, secondo il quale è possibile che alcuni tipi di sclerosi multipla siano causati da un'interruzione dei flussi circolatori che rimuovono l'eccesso di ferro nel cervello. Nelle placche tipiche della sclerosi, infatti, esisterebbero depositi di ferro, determinati da un eccessivo ristagno nel sangue, in quantità nettamente superiore a quella presente nei tessuti normali, la cosiddetta insufficienza venosa cronica cerebro spinale (Ccsvi). Per risolvere questa ostruzione si può far ricorso a un intervento di angioplastica, definito liberazione. Viene inserito un catetere per via endovenosa che "naviga" fino a quando non incontra la strettoia. Dal catetere si gonfia un palloncino che dilata le vene, ripristinando il normale flusso di sangue dal cervello al cuore. Il palloncino poi viene riestratto. Un intervento mini-invasivo, eseguito in anestesia locale. Sembra facile, ma le controversie non sono poche e sono emerse in modo lampante all'ultimo congresso Ectrims (European commitee for treatment and research in multiple sclerosis) a Goteborg che ha dedicato molto spazio alla Ccsvi.

«L'individuazione della Ccsvi è meritevole di essere presa in considerazione. Ma metterla direttamente in correlazione con la sclerosi multipla è una pura follia» senza mezzi termini Giancarlo Comi, presidente della Società italiana di neurologia, stronca il metodo Zamboni. «La malattia è geneticamente determinata. Lo prova il fatto che in un caso su tre, se uno dei due gemelli identici ha la sclerosi multipla, anche l'altro ce l'ha. Ma non è l'unico fattore. Un ruolo può essere rappresentato sia da fattori ambientali sia da fattori virali. Al di là di questo» continua Comi «un fatto è certo: la Ccsvi non causa la malattia. E lo stesso Zamboni nell'ambito di Ectrims lo ha riconosciuto». Qual è la strada da percorrere perciò? «Quella della sperimentazione. Per questo è stato definito un protocollo di studio internazionale, per capire l'eventuale ruolo nella patogenesi della sclerosi» Un protocollo in partenza dal quale, però Zamboni si è defilato per controversie sul metodo diagnostico utilizzato. Dal canto suo il chirurgo ferrarese rilancia con il protocollo, sostenuto dalla Regione Emilia Romagna. Uno studio «metodologicamente ineccepibile» come sottolineato da Zamboni in un'intervista, nel quale la metà dei pazienti sarà operata e l'altra metà no. Il tutto per osservare a distanza di un anno gli effetti. «Inaccettabile» secondo Comi «perché si mette a repentaglio la salute dei pazienti senza avere certezze sulla teoria». Toccherà alla politica dirimere le controversie e per questo è stato predisposto un tavolo prima di Natale. Nell'attesa è lo stesso chirurgo ferrarese a dare le indicazioni ai pazienti «non abbandonate i farmaci e non operatevi al di fuori di programmi di ricerca rigorosi e controllati. So che in Italia e all'estero si fa l'angioplastica e chiunque, con parcelle che arrivano anche a 50mila euro. Ma non ci si fa pagare per una cura che non ha concluso il suo iter sperimentale».



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