Caso sorbitolo, test del respiro da fare in sicurezza

28 marzo 2012
Interviste

Caso sorbitolo, test del respiro da fare in sicurezza



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È abbastanza probabile che, se si soffre di disturbi intestinali da sospetta intolleranza ad alcuni alimenti, che si manifestano con gonfiore, diarrea e meteorismoo di problemi di stomaco, il medico prescriva l'esecuzione del breath test, o test del respiro. Esame di per sé non invasivo che permette di avere informazioni utili per porre diagnosi su alcuni disturbi gastroenterici e che è balzato alle cronache recenti per la vicenda della morte di una giovane donna a Barletta, sottoposta al test per il quale è stata usata una sostanza tossica, al posto del sorbitolo. Dica33 ha chiesto a Mario Milco D'Elios, immunologo clinico dell'Azienda ospedaliero universitaria Careggi di Firenze di chiarire le finalità del test e di spiegare come funziona.

Dottor D'Elios chiariamo innanzitutto che cos'è il test del respiro.
Non è un unico test ma ne esistono di diversi tipi. Tutti si basano sull'analisi dell'aria espirata, misurando la quantità di alcune sostanze contenute, e si eseguono facendo assumere al paziente una bevanda acquosa dentro cui si diluisce un composto che varia a seconda della necessità. Questo composto viene metabolizzato dall'organismo e dopo un po' di tempo alcuni prodotti del metabolismo si ritrovano nell'aria che esce dai polmoni. Sostanzialmente ne esistono di due tipi: carbonio breath test e idrogeno breath test.

Iniziando dal carbonio breath test: in che cosa consiste?
Si tratta di un esame che permette di diagnosticare l'eventuale infezione da Helicobacter pylori. Al paziente viene somministrata una soluzione acquosa di urea che contiene atomi di carbonio-13, C13, definiti pesanti che non sono però radioattivi. Se nello stomaco è presente il batterio, che utilizza l'urea per creare un ambiente favorevole per la sua proliferazione, la sostanza viene trasformata e scissa tra le altre cose anche in anidride carbonica che passando poi nei polmoni viene espirata insieme all'aria. Prima e dopo il test, al paziente viene fatta soffiare in provette diverse dell'aria che viene poi "pesata" per svelare e misurare la presenza di carbonio 13 e porre la diagnosi di infezione da Helicobacter pylori. È importante sottolineare che questo non dà ulteriori informazioni, per esempio se ci sono danni alla mucosa gastrica o eventuali neoplasie associate all'infezione. Se esiste il sospetto si procede con esami più invasivi come la gastroscopia con biopsia.

Che cosa cambia nell'idrogeno breath test?
Il principio di base è lo stesso, ma in questo caso si valuta l'aumento di idrogeno nell'aria espirata. Questo test trova un vero significato diagnostico per valutare l'intolleranza al lattosio. Chi ne soffre non digerisce questo zucchero del latte che, anziché venire scisso a livello intestinale, raggiunge il colon dove la flora batterica lo usa creando una fermentazione che produce idrogeno. Quindi, se al paziente, che ha un deficit di questo tipo, viene data una soluzione acquosa contenente lattosio, dopo un po' di tempo dall'ingestione, si rintraccia nell'aria espirata una quantità aumentata di idrogeno, rispetto a prima dell'assunzione. Anche in questo caso si afferma che c'è un deficit, ma poi bisogna indagare sulle cause, se sono genetiche o se c'è una patologia intestinale. È possibile usare altri zuccheri, per esempio il sorbitolo, per eseguire test di valutazione di malassorbimento, ma sono meno specifici.

Dunque, quali sono le indicazioni corrette?
L'urea breath test è considerato il golden standard per la diagnosi non invasiva di infezione da H. pylori e per verificare l'efficacia della terapia antibiotica somministrata per curarla e viene eseguito per documentare la presenza del batterio. Ma non sostituisce la gastroscopia, che va fatta se bisogna approfondire le indagini. L'idrogeno breath test eseguito con il lattosio trova indicazione nei pazienti con sospetta intolleranza a latte. L'idrogeno test con il sorbitolo viene spesso usato come ausilio alla diagnosi di morbo celiaco, ma non è previsto nel protocollo per questa patologia e non fa parte dell'iter diagnostico poiché dà informazioni sul malassorbimento ma non dice di più.

Simona Zazzetta



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