Legge 40: diagnosi preimpianto anche a coppie fertili con malattie genetiche

13 febbraio 2013
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Legge 40: diagnosi preimpianto anche a coppie fertili con malattie genetiche



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La Corte europea dei diritti umani ha deciso di non accettare il ricorso con il quale l'Italia ha chiesto il riesame della sentenza con cui la stessa Corte, il 28 agosto scorso, ha bocciato la legge 40, sulla procreazione assistita per ciò che riguarda la diagnosi preimpianto. La notizia è giunta nei giorni scorsi ed è stata accolta positivamente dai detrattori della legge che evocano una revisione a breve della norma, e dalla coppia portatrice sana di geni della fibrosi cistica ma fertile, cui la legge italiana vieta la diagnosi preimpianto.

«Una notizia positiva» commenta Filomena Gallo, avvocato e segretario dell'associazione Luca Coscioni «restano ancora il divieto alla fecondazione eterologa e l'uso nella ricerca scientifica degli embrioni inadatti all'impianto, su cui abbiamo già interpellato i giudici tra cui la stessa Corte europea, e poi la legge 40 sarà stata quasi riscritta dai tribunali. Il nuovo Governo non potrà legalmente sottrarsi alla revisione della legge 40 adeguandola alla decisione della Corte che è fonte principale del nostro ordinamento e superiore alla nostra giurisdizione». I giudici della Corte europea, consultati dalla coppia italiana hanno riconosciuto un'«incoerenza del sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto»: da un lato si vieta l'impianto dei soli embrioni non affetti da patologie, mentre dall'altro, con la legge 194, si autorizzano i genitori ad abortire un feto affetto dalla stessa patologia. Di fatto, spiega Gallo, «mentre le coppie dichiarate infertili possono accedere a tecniche di Pma e a diagnosi preimpianto, le coppie fertili portatrici di patologie genetiche, ne sono escluse ma con le indagini prenatali possono decidere di interrompere la gravidanza ottenuta spontaneamente». E aggiunge: «La stessa Corte europea, infatti, si rifà a un'ordinanza del tribunale di Salerno in cui si equiparano le indagini prenatali alla diagnosi preimpianto». Dunque una legge quasi del tutto svuotata: «Finora sono una ventina le decisioni dei tribunali» sottolinea l'avvocato «che hanno cancellato parti della legge 40 o ne hanno dato una corretta interpretazione.

All'ordine del giorno del prossimo parlamento ci dovrà essere il suo adeguamento in tempi brevi, anche se non definiti, con l'eliminazione di due articoli che si riferiscono alle coppie infertili altrimenti il rischio concreto è che l'Italia incorra in un procedimento per mancato rispetto degli obblighi comunitari. Spiega l'avvocato: «Se non verrà applicata la modifica imposta da Strasburgo, interverrà allora il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa che imporrà dei termini per l'adeguamento della legge, pena l'apertura di un procedimento di infrazione Ue». E aggiunge: «Ciò non toglie che già da ora coppie fertili possano appellarsi a questa sentenza per chiederne la sua immediata applicazione e a fronte del rifiuto dei centri di effettuare le tecniche di pma, tali coppie potranno denunciare il centro in questione e chiedere al giudice l'immediata applicazione della sentenza della Corte Ue. In questo caso, il giudice dovrà inviare la legge 40 alla Corte costituzionale. Quindi anche se il Parlamento non interverrà, sarà la Consulta a modificare la legge, in applicazione della sentenza di Strasburgo». Secondo l'avvocato, tuttavia, tale revisione andava fatta prima: «Le relazioni dell'Istituto superiore di sanità presentate, secondo quanto previsto dalla legge 40, dal 2005 al 2009 hanno evidenziato un calo delle gravidanze ottenute con le Pma e un aumento di quelle trigemini con una percentuale di aborti del 3%. In tutto il mondo questa percentuale è pari a zero».

Simona Zazzetta



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