Allergie gravi: riconoscerle per prevenirle e gestirle al meglio

22 aprile 2014
Interviste

Allergie gravi: riconoscerle per prevenirle e gestirle al meglio



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L'allergia viene definita la malattia del secolo eppure è ancora molto il lavoro da fare per sensibilizzare l'opinione pubblica e le istituzioni e far capire le reali dimensioni di un problema in costante crescita in tutte le sue forme anche quelle più gravi, che possono portare al decesso. L'Accademia europea di allergia e immunologia clinica (Eaaci) pubblicherà a breve le nuove linee guida sull'anafilassi, uno strumento importante non solo per i medici e gli operatori sanitari in genere, ma per tutti coloro che sono allergici o hanno a che fare con una persona allergica. Maria Beatrice Bilò, Presidente della Associazione allergologi immunologici territoriali e ospedalieri (Aaito) ci aiuta a comprendere meglio il problema e l'importanza delle linee guida europee.

Quante persone in Italia soffrono di allergie e quali sono le più comuni?
«A livello europeo - e i dati sono simili anche a livello italiano - si stima che il 10-20 per cento della popolazione soffra di qualche forma di allergia: nel vecchio continente oltre 17 milioni di persone soffrono di allergie alimentari e un bambino su quattro è affetto da una condizione allergica. Tra le forme più comuni di allergia ci sono la rinite allergica (il cosiddetto raffreddore da fieno) e l'asma, ma non mancano forme più gravi, legate in genere agli alimenti, alle punture di api, vespe e calabroni e a farmaci».

Cos'è l'anafilassi e che differenza c'è (se c'è) tra i termini anafilassi e allergia?
«Partiamo dall'allergia che è rappresenta una risposta anomala del corpo a sostanze di vario tipo altrimenti innocue (es. acari, pollini, alimenti, eccetera), in cui viene coinvolto il sistema immunitario con la produzione di anticorpi (IgE, per essere precisi) che invece di essere di aiuto sono di danno al paziente. L'anafilassi è una reazione che si basa sullo stesso principio, ma è particolarmente grave anche perché si manifesta molto velocemente dopo che la persona è venuta in contatto con l'allergene - ovvero ciò che causa la reazione anafilattica - e perché interessa più organi».

Quali sono i segni e i sintomi di una reazione allergica?
«Se parliamo delle forme gravi (anafilassi) i sintomi includono prurito diffuso e orticaria, difficoltà a respirare e un senso di chiusura della gola, edema (gonfiore) a viso, labbra e glottide e anche sintomi vascolari che portano anche a un brusco calo della pressione e alla conseguente perdita di coscienza. Se la causa è alimentare possono inoltre essere presenti sintomi gastrointestinali come dolore addominale, vomito, diarrea o nausea».

Cosa fare di fronte a tali sintomi? Quando è opportuno rivolgersi al medico?
«La prima cosa da fare è rivolgersi al pronto soccorso dove i medici intervengono per bloccare la reazione allergica, ma in seguito è bene rivolgersi al proprio medico di base e raccontargli l'accaduto e proseguire poi con una visita specialistica dall'allergologo. Ovviamente non è detto che il prurito o la nausea siano causati da anafilassi: si può sospettare un'allergia se, per esempio, passa pochissimo tempo tra il contatto con il possibile allergene e il sintomo».

Come si fa la diagnosi di allergia?
«Un ruolo molto importante lo svolge il paziente che, rispondendo in modo preciso alle domande del medico - la cosiddetta anamnesi - può fornire molti elementi utili per la diagnosi. Ci sono poi test specifici e del tutto indolore che sono in grado di rilevare a livello cutaneo la presenza di anticorpi IgE contro un particolare allergene (prick test). Per alcuni alimenti è oggi possibile stabilire, tramite un esame del sangue, non solo l'alimento al quale si è allergici, ma anche quale componente specifica dell'alimento scatena la reazione e si riesce a capire se le reazioni sono temporanee o dureranno per tutta la vita. Se però nessuno dei due precedenti test ha dato un responso chiaro, nel caso della allergia alimentare si può procedere anche con test più specifici per arrivare alla diagnosi (per esempio il cosiddetto test di provocazione orale con l'alimento)».

Esistono cure per eliminare definitivamente il problema o per tenerlo sotto controllo?
«Il paziente che ha manifestato una reazione anafilattica deve portare sempre con sé la terapia di emergenza rappresentata dall'adrenalina. Dopo prescrizione del medico, il paziente infatti viene munito di una penna autoiniettabile (iniezione intramuscolare a livello della coscia) da utilizzare appena insorge la reazione anafilattica. A questo si debbono aggiungere altre strategie, diverse a seconda della causa dell'allergia.
Nelle allergie alimentari è fondamentale evitare di assumere l'alimento sotto accusa, prestando molta attenzione ai "cibi nascosti", ovvero al fatto che gli allergeni possono essere presenti anche in cibi apparentemente "insospettabili". Leggere con attenzione le etichette è sicuramente utile anche se non siamo ancora arrivati a normative precise per regolamentare il settore. Si può inoltre procedere con la desensibilizzazione, un procedura che si effettua solo in centri specialistici e che, semplificando molto, consiste nel portare molto lentamente il paziente a tollerare l'alimento. Per le allergie causate a punture di api, vespe e calabroni esiste anche un vaccino molto efficace: vaccinandosi per 5 anni, nella maggior parte dei casi, si ottiene poi una protezione che dura poi decenni».

Esistono linee guida che possano aiutare a meglio comprendere e gestire queste reazioni?
«Sono in arrivo a giugno le linee guida Eaaci, uno strumento importante per medici, farmacisti, politici e anche per i pazienti, che aiuterà a identificare, gestire e prevenire il problema anafilassi. Oltre alla pubblicazione sarà però importante anche un'opera di sensibilizzazione a livello nazionale perché questi messaggi non cadano nel vuoto».



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