Rendere il by-pass ancora più efficace

14 settembre 2010
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Rendere il by-pass ancora più efficace



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Può accadere che la coronaria trattata subisca una nuova occlusione. Nellarea a cura dellIRCCS Cardiologico Monzino tutte le ricerche sulla prevenzione

Anche ai meno esperti è noto che laterosclerosi coronarica è una delle patologie più frequenti nelle persone adulte del mondo occidentale, e gli interventi praticati per correggerne le conseguenze sono in continuo aumento. Le procedure abitualmente praticate sono langioplastica coronarica ed il bypass coronarico; ''entrambe le procedure hanno raggiunto, nei centri di eccellenza, risultati molto soddisfacenti, con percentuali di mortalità e morbilità estremamente contenute. Per esempio, nel 2005 la mortalità per gli interventi di bypass coronarico effettuati presso il Centro Cardiologico Monzino è stata inferiore all1 per cento'' spiega il dottor Alessandro Parolari, che fa parte dellUnità Operativa di Cardiochirurgia, e del Coordinamento scientifico dellIRCCS Centro Cardiologico Monzino di Milano. ''Il bypass coronarico sembrerebbe essere, allo stato attuale delle conoscenze, ancora la procedura che garantisce, rispetto allangiolastica coronarica, risultati più duraturi nel tempo e minori recidive al follow-up. Ciononostante, esistono ancora ampi margini di miglioramento dei risultati dellintervento di bypass coronarico; basti considerare il fatto che vi è una percentuale rilevante (tra il 10 ed il 30%) dei bypass impiantati che va incontro a occlusione precoce, entro un anno dallintervento''. A che cosa è dovuto questo fenomeno? ''Dal punto di vista tecnico, lintervento è molto ben standardizzato'' risponde il dottor Parolari '' sia nella variante tecnica classica che prevede lausilio della circolazione extracorporea, sia nella variante che prevede lesecuzione dellintervento a cuore battente senza limpiego della circolazione extracorporea, di più recente introduzione: in entrambi i casi i bypass che vengono a essere applicati sono abitualmente di buona qualità. La prevenzione della riocclusione di questi bypass deve quindi perseguire strade diverse, e soprattutto la terapia medica postoperatoria potrebbe avere un ruolo fondamentale''.

Ed è proprio questo diverso punto di vista che guida le ricerche condotte al Cardiologico Monzino. ''Finora, il paziente sottoposto a by-pass è stato al centro di studi che consideravano le alterazioni di indici bioumorali solo nelle prime ore dallintervento, mentre è venuto il momento di prendere in considerazione levoluzione delle condizioni del paziente in un periodo più lungo, alcune settimane''. I ricercatori del Monzino stanno da anni studiando quali possano essere i fattori che contribuiscono allocclusione precoce dei bypass impiantati. ''Il risultato di questi studi ha consentito di documentare come, in conseguenza dellintervento di bypass coronarico, effettuato sia con che senza la circolazione extracorporea, si verifica unimportante attivazione dellinfiammazione e della coagulazione. Tale attivazione causa un innalzamento degli indici di flogosi e di trombosi che perdura diverse settimane dopo lintervento, e non è influenzata nè dal tipo di intervento praticato (con o senza circolazione extracorporea), nè dalla terapia abitualmente somministrata ai pazienti operati, che prevede limpiego di farmaci ad attività antitrombotica e antinfiammatoria. La novità delle ricerche condotte al Monzino'' riassume il dottor Parolari ''consiste nel fatto che è stato possibile documentare che questo stato di attivazione dellinfiammazione e della trombosi non sia un fatto limitato alle prime ore dopo lintervento, come si credeva fino a poco tempo fa, ma è un fenomeno protratto nel tempo che può costituire un obbiettivo potenziale di misure terapeutiche ad hoc, diverse da quelle praticate finora''.
Infatti, già si attua una profilassi antitrombotica con aspirina, ma questa è effettivamente un farmaco meno aggressivo di quelli che vengono impiegati, per esempio, dopo langioplastica. Daltra parte, quando si pratica un by-pass, si applicano delle suture sui vasi, e quindi è inevitabile agire con maggiore cautela per evitare emorragie. Attualmente, quindi, al Cardiologico Monzino si stanno valutando, altre soluzioni con farmaci innovativi in questo campo, quali limpiego di eparine a basso peso molecolare.
Nel frattempo, è comunque possibile ottimizzare le possibilità di riuscita dellintervento. ''Per esempio è noto che gli innesti venosi sono più soggetti alla riocclusione, quindi li riserviamo ai vasi più colpiti. Gli innesti arteriosi, invece, offrono risultati migliori, in particolare quelli ricavati dallarteria mammaria, che rappresentano la scelta ideale. Questi però si tende a ''risparmiarli'' in vista delleventuale necessità di procedere a un nuovo intervento'' spiega il dottor Parolari. La chiave della riuscita, insomma, sta in un approccio che tenga presente le caratteristiche individuali del paziente, alle quali adattare le nuove conoscenze ottenute da un serio lavoro di ricerca.



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