L’attività fisica abbassa il rischio di diabete di tipo 2

24 ottobre 2016
Aggiornamenti e focus

L’attività fisica abbassa il rischio di diabete di tipo 2



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Anche se di grado moderato, l'attività fisica riduce in modo dose dipendente la morbilità e la mortalità non solo per la cardiopatia ischemica, l'ictus e lo scompenso cardiaco, ma anche per il diabete mellito di tipo 2. Ecco, in sintesi, i risultati di uno studio di revisione con metanalisi appena pubblicato sul Journal of the American Heart Association e coordinato da Peter Scarborough, del BHF Center on Population Health, Oxford, Regno Unito. «L'insufficiente attività fisica è un fattore di rischio chiave per le malattie non trasmissibili tra cui quelle cardiovascolari e il diabete, che a loro volta sono tra le principali cause di morte nel mondo, con 17,5 e 1,5 milioni di morti l'anno rispettivamente nel 2012, pari al 31% e al 2,7% della mortalità globale a livello mondiale» esordisce il ricercatore, sottolineando tuttavia che il legame tra attività fisica ed entrambe le malattie è stato quasi sempre stimato in modo assoluto, senza approfondire la correlazione tra dose e risposta.

Da questi presupposti sono partiti gli autori della metanalisi che hanno passato in rivista le principali banche dati elettroniche biomediche tra cui Medline ed Embase cercando gli studi pubblicati tra il 1981 e il 2014 che riportassero una correlazione dose risposta tra attività fisica, malattie cerebrovascolari e diabete di tipo 2, sia prima sia dopo aver corretto per peso corporeo. Al termine della revisione i ricercatori avevano selezionato 36 studi per un totale di 3. 439. 874 partecipanti e 179. 393 eventi acuti osservati nel corso di un follow- up medio di 12,3 anni. Un aumento dell'attività fisica da zero ai livelli raccomandati di 150 minuti di attività aerobica moderata a settimana è risultato associato non solo a una riduzione dose dipendente del rischio di mortalità cardiovascolare del 23%, ma anche a un calo del rischio di incidenza di malattie cardiovascolari e diabete di tipo 2 pari al 17% e al 26%, rispettivamente, dopo aggiustamento per il peso corporeo. Il vantaggio maggiore in salute si osserva passando da inattività a piccole quantità di attività fisica. «Questa metanalisi è un chiaro messaggio ai responsabili della politica sanitaria: un incremento anche modesto dell'attività fisica è in grado di portare grandi benefici alla salute pubblica, soprattutto in termini di prevenzione secondaria. Servono dunque strategie in tal senso, dirette in particolar modo alle fasce più inattive della popolazione» conclude Scarborough.



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