La riabilitazione dopo l’ictus si fa anche ballando

20 giugno 2017
Aggiornamenti e focus

La riabilitazione dopo l’ictus si fa anche ballando



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I risultati di uno studio recentemente pubblicato su Stroke sottolineano che affiancare le cure tradizionali a strategie basate sulla musica e il ritmo oppure sulla ippoterapia può migliorare il processo di riabilitazione dopo un ictus. «C'è una grande necessità di valutare l'efficacia di interventi riabilitativi multimodali utilizzati nelle fasi più tardive in pazienti che hanno subito un ictus e che spesso non ricevono trattamenti dopo la fase sub- acuta» esordisce Lina Bunketorp- Kall, dell'Università di Göteborg, in Svezia, e prima autrice della ricerca. «Studi recenti hanno dimostrato che terapie basate su musica, danza o sessioni al maneggio portano risultati promettenti in pazienti con diverse condizioni neurologiche» aggiunge. Assieme ai colleghi, la ricercatrice ha coinvolto nello studio 123 soggetti che avevano subito un ictus sottoponendoli due volte a settimana per 12 settimane a una delle tre terapie previste nella ricerca: ritmo- musico terapia, ippoterapia o terapia standard.

«L'esito primario era il cambiamento nella percezione da parte dei pazienti del recupero dopo l'ictus, valutato sulla Stroke Impact Scale» dicono gli autori, precisando che tra gli esiti secondari erano inclusi i cambiamenti di equilibrio, deambulazione, presa, forza e aspetti cognitivi. E a conti fatti, le valutazioni in cieco effettuate al basale e poi a 3 e 6 mesi di follow up hanno dimostrato che il cambiamento medio nella percezione del recupero dopo l'ictus - misurato come cambiamento medio rispetto al basale su una scala da 1 a 100 - è risultato maggiore con la ritmo- musico terapia (5,2 punti) e con la ippoterapia (9,8 punti) rispetto alla terapia standard di controllo (- 0,5 punti) . Inoltre i miglioramenti si sono mantenuti per 6 mesi e hanno riguardato anche gli esiti secondari. «L'approccio multimodale alla riabilitazione post- ictus è interessante e potenzialmente molto efficace perché si concentra su diverse componenti del problema dando probabilmente il via a un effetto sinergistico che rende le terapie di recupero più efficaci» conclude Bunketorp- Kall.

Stroke. 2017. doi: 10. 1161/STROKEAHA.116. 016433



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