Il freddo come alleato nella salute

13 dicembre 2020
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Il freddo come alleato nella salute



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Da sempre il freddo è stato un implacabile nemico dell'uomo. Ma il freddo non è capace solo di uccidere. Se domato, ha il potere di proteggerci. e in certi ambiti, il freddo diventa una risorsa importante a cui si ricorre, anche con la tecnologia.


Perché il vaccino Pfizer ha bisogno di essere conservato a -70°?


La modalità di conservazione è il punto debole del vaccino di Pfizer-BioNtech: la necessità di conservarlo alla temperatura di -70 °C renderà complessa la sua distribuzione poiché per non spezzare la cosiddetta catena del freddo saranno necessari ultracongelatori costosi, voluminosi e molto affamati di energia elettrica; in alternativa, ma per breve tempo, possono essere conservati anche in contenitori speciali raffreddati da cilindri di ghiaccio secco (CO2 allo stato solido, a -78°C).

Un vaccino a mRNA come quello sviluppato da Pfizer, contiene le istruzioni per creare le proteine principali che aiutano il coronavirus Sars-CoV-2 a infettare l'organismo, come la proteina spike, la chiave di ingresso nelle cellule, consentendo in questo modo di controllarne gli effetti.

L'mRNA però si degrada con estrema facilità, ed è per questo che va mantenuto a temperature così basse, per rallentare il più possibile le reazioni chimiche interne: a diversi gradi sottozero tutto succede più lentamente.


Microbi raffreddati


Il freddo, è anche un mezzo per difendersi dai microbi: virus e batteri generalmente non amano le basse temperature, infatti gli intervalli di temperatura ottimali raramente includono lo zero termico. Non è un caso che per evitare che i cibi si deteriorino devono essere conservati in frigorifero. Il freddo in questo caso non elimina i microrganismi ma li "addormenta", cioè rallenta i processi vitali e quindi la proliferazione su un substrato, l'alimento, spesso favorevole alla loro crescita.

Questo è quasi sempre vero, ci sono infatti delle eccezioni: se la temperatura del frigo si aggira attorno ai 4°C, le spore del Clostridium, il batterio responsabile di gravi tossinfezioni, non solo sopravvivono ma continuano a produrre le temutissime tossine; per fermarle servono almeno 3,5°C. Anche la Lysteria monocytogenes, un patogeno intracellulare che prolifera negli alimenti, attua una strategia di resistenza al freddo guidata da proteine indotte proprio dalle temperature dei normali frigoriferi.


Terapie del freddo

L'impiego più usuale e immediato del freddo si incontra nel primo intervento su problemi di salute. Infatti, se per porre rimedio a certi disturbi si ricorre al caldo, bevande, coperte, boule, impacchi, ne esistono altrettanti in cui il freddo è l'unica terapia consentita o consigliata.

Tutta la sintomatologia dolorosa accompagnata da gonfiori e infiammazione trova sollievo in applicazioni di terapia a freddo. L'applicazione del freddo può aiutare ad alleviare lo spasmo muscolare, il dolore miofacciale o traumatico, il dolore acuto e l'infiammazione acuta e può indurre una certa anestesia locale.

Può essere utile anche se ci sono ferite sanguinanti: un impacco freddo è in grado di ridurre il flusso sanguigno locale del 50% dopo 10 minuti. In questi casi riduce anche il danno tessutale rallentando il metabolismo; il freddo infatti abbassa la richiesta di ossigeno, che scarseggia in quanto la circolazione è compromessa, limitando un danno cellulare secondario da ipossia.

Il freddo viene in aiuto anche in situazioni critiche come quelle osservate in una ricerca australiana pubblicata dal New England Journal of Medicine. I ricercatori hanno, infatti, verificato che con una moderata ipotermia (33°C) dei pazienti usciti dal coma, provocato da arresto cardiaco, era possibile migliorare gli esiti clinici neurologici. La bassa temperatura mantiene i neuroni in una sorta di stand-by metabolico riducendone la richiesta di ossigeno, proteggendoli così dai danni provocati dal ripristino della circolazione sanguigna nel cervello, riducendo le probabilità che il paziente rimanga irreversibilmente neuroleso.


Bisturi di ghiaccio

L'applicazione terapeutica del freddo diventa molto più sofisticata nella chirurgia, detta appunto criochirurgia, sostituendosi alla lama del bisturi. La dermatologia è la disciplina più interessata alla tecnica, usata spesso per rimuovere verruche, condilomi, angiomi e cheratosi. Anche l'oncologia chirurgica non è da meno, infatti, oltre alla rimozione dei tumori cutanei, si eseguono, in laparoscopia, crioablazioni, cioè asportazioni di piccole neoplasie a organi interni. La tecnica si è dimostrata efficace per interventi su neoplasie maligne del rene, della prostata e del fegato. La criochirurgia sfrutta l'effetto del congelamento rapido che comporta la formazione di cristalli di ghiaccio all'interno delle cellule bersaglio. A differenza di un processo di congelamento lento, questo è più controllabile e permette di valutare, e quindi decidere, quanto dovrà essere estesa e profonda l'azione limitando il danno al tessuto che si vuole rimuovere. Attualmente il criogeno più usato è l'azoto liquido, che è il più aggressivo ma anche il più versatile: si può applicare sia con un tampone sia attraverso una sonda. Le modificazioni sui tessuti sono una conseguenza della temperatura molto bassa a cui l'azoto, che a temperatura ambiente è un gas, diventa liquido: -196°C.


Atmosfere glaciali

Altro alleato da non trascurare è il freddo invernale; la stagionalità dei climi temperati offre un vantaggioso alternarsi di forme biologiche che permette una tregua, per esempio, da insetti e microbi fastidiosi e, a volte, dannosi. E, per quanto la debilitazione dell'organismo predisponga a infezioni, le temperature rigide non favoriscono la proliferazione di germi, non è un caso che la maggior parte delle malattie infettive sono diffuse alle latitudini più vicine all'equatore.




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