La spina bifida si opera in utero

20 giugno 2008
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La spina bifida si opera in utero



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Per primi in Italia, il Professor Marco Massobrio Direttore del dipartimento di Ginecologia e Ostetricia dell'Ospedale Sant'Anna di Torino e il dottor Lorenzo Genitori, neurochirurgo dell'Ospedale Infantile Regina Margherita di Torino, hanno eseguito un intervento intrauterino su un feto di 28 settimane affetto da spina bifida.

Un grave difetto congenito


"La spina bifida è un'anomalia dello sviluppo del sistema nervoso centrale che comporta la mancata chiusura del canale vertebrale nella sua porzione posteriore, generalmente è localizzata in corrispondenza del tratto più basso della colonna, nella zona lombo sacrale, nel caso specifico di questo bambino si trattava di una spina bifida localizzata in corrispondenza della regione sacrale" spiega il Professor Masssobrio.
"Questo tipo di anomalia si associa quasi sempre al mielo-meningo-cele, una sorta di ernia delle meningi e del midollo attraverso l'apertura del canale vertebrale. Le conseguenze di questa lesioni sono rappresentate da gravi e complete paralisi degli arti inferiori, da difetti di funzione della vescica e dell'ano, con incontinenza urinaria e fecale. Fra i danni secondari vi sono altre lesioni del sistema nervoso centrale, in particolare l'idrocefalia."
Quanto è diffusa la spina bifida in Europa? "L'incidenza è variabile nelle diverse regioni europee, dal 5 per mille in Islanda, Inghilterra, Scozia e Irlanda E' più bassa nelle regioni mediterranee; in Italia è dello 0,5 per mille, il problema sembra che sia connesso con una dieta più o meno ricca di acido folico. L'assunzione di acido folico rappresenta una forma di prevenzione dell'anomalia fino ad eliminare completamente il rischio. La sostanza è presente nelle verdure ma si può assumere anche in compresse o capsule, si trova in farmacia,. La cosa migliore quando si programma una gravidanza è assumere dell'acido folico, almeno due mesi prima del concepimento. Se lo si prende in gravidanza le possibilità di efficacia sono ridotte" continua Massobrio.
La malattia si può diagnosticare con l'ecografia di secondo livello, meglio se fatta da operatori esperti e con apparecchiature dell'ultima generazione. In genere si può riconoscere intorno alle 20 - 21 settimane, cioè quando si fanno i normali accertamenti ecografici.
"In questo caso - racconta Massobrio - la diagnosi fu comunicata alla madre, e naturalmente le fu sottoposta anche la possibilità di interruzione di gravidanza, che viene eseguita dalla maggior parte delle gestanti, i cui bambini sono colpiti da questo male. Ma la signora, molto religiosa, con un senso morale particolarmente restio all'interruzione , chiese se ci fossero delle possibilità alternative, Fu messa in contatto con il dottor Lorenzo Genitori, neurochirurgo, che propose l'intervento postnatale, anche se non scartò l'ipotesi di farlo in utero, dal momento che farlo prima della nascita, presenta dei vantaggi per il bambino.

In che cosa consiste l'intervento


Consultando la letteratura abbiamo visto che le possibilità esistono. Un gruppo di Nashville, nel Tennesse, guidato dai dottori Bruner e Tulipan, lo esegue sia per via endoscopica sia ad utero aperto, e attraverso un confronto si è visto che la via che dava maggiore garanzie era ad utero aperto.
"Questo ha significato incidere la parete uterina, sottrarre il liquido amniotico e conservarlo in condizione di sterilità e di temperatura adatta per essere rimesso dentro l'utero. La parete dell'utero viene allargata, si divaricano i bordi dell'incisione e, coin una particolare sutura, si fa in modo che non vi sia sanguinamento, così da dare al neurochirurgo la possibilità di operare.
"A questo punto è intervenuto il neurochirurgo che ha distaccato questa sorta di ernia dalla cute, ha aperto maggiormente il mielo-meningo-cele, ha ricondotto il midollo nella sua sede naturale, cioè all'interno del canale vertebrale, e ha riposizionato le meningi..
Infine ha ricostruito un piano muscolare dietro il midollo e le meningi e ha richiuso la cute del feto sopra l'ernia" continua il professor Masssobrio L'ultima parte d'intervento strettamente ginecologica è consistita nel chiudere la parete uterina e nel rimettere il liquido amniotico nella cavità uterina. " spiega Massobrio.

L'esito dell'intervento

"Ma è stato fondamentale soprattutto seguire la paziente nel post operatorio perché questo tipo di intervento sollecita molto le contrazioni uterine, per cui la paziente ha dovuto assumere per lungo tempo del solfato di magnesio e dei beta agonisti, farmaci specifici per bloccare le contrazioni uterine" La gravidanza non giunse al termine, quattro settimane dopo, a 32 settimane di gestazione, il bambino fu estratto con un taglio cesareo, in un punto diverso da quello del primo intervento, in quanto le contrazioni erano sempre più intense, e pur avendo la consapevolezza che il bambino stava bene temevamo un danno alla parete uterina".
Il neonato pesava 1700 grammi, è stato posto in incubatrice, intubato, ha buona motricità degli arti inferiori. Ma la perfetta certezza della riuscita dell'intervento per quanto riguarda gli aspetti neurologici sarà da valutare fra un anno quando il bambino comincerà a camminare.

Fausta Orlando



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