Omega-3 protettivi

09 novembre 2007
Aggiornamenti e focus

Omega-3 protettivi



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Nel diabete di tipo 1 non è ancora chiaro che cosa inneschi il processo autoimmune di distruzione delle beta-cellule pancreatiche che producono l'insulina, probabilmente compartecipano fattori genetici e ambientali cioè alimentari, tra i secondi viene ora suggerito il possibile ruolo protettivo, in soggetti geneticamente a rischio, degli acidi grassi polinsaturi. In particolare di quei noti omega-3 che abbondano negli oli di pesce e dei quali si sono già evidenziati gli effetti benefici in altri campi. Si confermerebbero, così, altre osservazioni di un'associazione inversa tra rischio diabetico e supplementazione nell'infanzia con olio di fegato di merluzzo, ancora un ricordo spiacevole per i baby boomer del secondo dopoguerra, ma fonte molto ricca di omega-3 come l'eicosapentaenoico (EPA) e il docosaesaenoico (DHA). Un olio che contiene però anche molta vitamina D, la cui integrazione pediatrica in alcuni studi è apparsa a sua volta inversamente associata al rischio di diabete, ed è per questo che gli autori della nuova ricerca hanno voluto indagare se ci fosse un ruolo specifico dei polinsaturi, in particolare degli omega-3.

Fase infiammatoria con autoanticorpi


Prima che si manifesti con l'iperglicemia, il diabete tipo 1 è preceduto da una fase asintomatica di mesi o anni in cui sono dosabili nel sangue gli autoanticorpi per le beta-cellule delle insule (IA). In questo stadio precoce sono coinvolti eventi infiammatori e studi sull'animale e sull'uomo hanno mostrato un effetto marcato degli omega-3 in questi processi: una loro relativa carenza, come in vari stili alimentari occidentali, può predisporre a un aumento delle reazioni infiammatorie e quindi anche del rischio di malattie autoimmuni, quali il diabete di tipo 1. Il principale omega-3 nelle diete occidentali è l'acido alfa-linolenico, che abbonda in vegetali a foglia verde, semi oleosi, legumi e può essere precursore dell'EPA e del DHA che si ottengono soprattutto dal pesce; l'omega-6 prevalente nella dieta è l'acido linoleico, presente soprattutto in semi e oli vegetali. Alfa-linolenico e linoleico sono coinvolti nella conversione pro-infiammatoria o anti-infiammatoria degli eicosanoidi, sostanze che regolano appunto l'infiammazione.
Gli autori hanno condotto due ricerche separate ma congiunte nel Diabetes Autoimmunity Study in the Young (DAISY), studio prospettico su 1.770 bambini di Denver in Colorado, di età media 6 anni al reclutamento e a rischio di diabete tipo 1 per presenza di uno specifico genotipo o genitori o fratelli con la malattia. Hanno valutato, quindi, l'associazione tra autoimmunità, cioè presenza di IA, e assunzione di polinsaturi dal primo anno d'età. E hanno calcolato attraverso questionari dettagliati gli apporti di omega-3 e omega-6 per tipo e quantità di pesci (anche molluschi e crostacei), oltre che di grassi vegetali o animali per cucinarli; nell'analisi è considerato l'intake di vitamina D come fattore confondente.

Una via per la prevenzione


Nel periodo d'osservazione 58 bambini sono diventati positivi per gli IA. Dopo gli aggiustamenti per genotipo, precedenti familiari, apporto calorico e di omega-6, l'assunzione di omega-3 è risultata inversamente associata con il rischio autoimmunità. In una seconda analisi su un sottogruppo di 224 soggetti, anche per il contenuto di omega-3 nelle membrane dei globuli rossi, è apparsa una relazione inversa con rischio di sviluppare IA, aspetto che sostanzia l'osservazione. Nella spiegazione si ricorda che gli acidi grassi insaturi sono necessari per l'integrità e la funzionalità delle membrane cellulari e gli omega-3 a lunga catena vi sono incorporati come substrato per enzimi per la produzione di eicosanoidi anti-infiammatori (resolvine e protettine), inoltre hanno un ruolo nel ridurre quelli pro-infiammatori e diminuiscono lo stress ossidativo. Gli autori ipotizzano che aumentare l'intake di omega-3 incrementi la loro concentrazione nelle membrane. L'assunzione durante l'infanzia potrebbe diminuire il rischio di sviluppare IA e altri dati hanno avvalorato l'ipotesi che la supplementazione di DHA in utero o in età infantile possa bloccare i precoci eventi infiammatori chiave della patogenesi del diabete 1: questa potrebbe essere quindi una via per la prevenzione.

Elettra Vecchia



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