Se la gravidanza è turbata

16 luglio 2008
Aggiornamenti e focus

Se la gravidanza è turbata



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Anche un evento luminoso per la vita di una donna come l'arrivo di un bambino si può accompagnare a ombre, come nel caso della depressione che viene detta appunto post-partum. Un disturbo probabilmente più frequente di quanto si pensi, che però richiama l'attenzione solo per i casi eclatanti. La gravidanza e il post-partum, del resto, sono condizioni nelle quali aumenterebbe la vulnerabilità a disturbi di natura psichiatrica. Con effetti associati finora a minore salute materna, a inadeguata assistenza prenatale, a esiti sfavorevoli per il figlio come crescita fetale inferiore, ridotto sviluppo cognitivo e comportamentale nell'infanzia e nell'adolescenza, stato nutrizionale e di salute carente. Conoscere meglio i disturbi psichiatrici pre e post-parto è la premessa per individuare, seguire e curare le donne a maggior rischio.

Depressione, ansia e non solo


Il fenomeno è stato analizzato dal National Epidemiologic Survey on Alcohol and Related Conditions statunitense, con una ricerca condotta nel 2001-2002 attraverso interviste a oltre 43.000 donne, delle quali circa 14.500 tra 18 e 50 anni e in gravidanza nell'anno precedente. Oltre all'ampiezza, aspetti che rendono più esaustiva questa ricerca rispetto ad altre sono l'aver confrontato donne incinte con altre non incinte di età equivalente, l'essersi basata sui criteri diagnostici di riferimento del DSM-IV invece che su altre scale, l'aver considerato non solo la depressione oppure ansia e turbe dell'umore come in genere si è fatto, bensì una gamma più ampia di disturbi psichiatrici (anche abuso di sostanze, distimia, panico, fobie specifiche, eccetera). L'obiettivo era saperne di più sulla frequenza e sui fattori legati a tali disturbi negli Stati Uniti: per i più noti la prevalenza è stata valutata in altri studi tra il 15% e il 30%, una stima non molto lontana da quella per la sola depressione intorno al 10-15% per il nostro paese. Queste le principali evidenze. Le donne incinte l'anno prima o dopo il parto avevano livelli significativamente più bassi di uso di alcol e sostanze d'abuso, eccetto droghe illecite, rispetto alle donne non incinte; quelle in gravidanza un rischio inferiore di turbe dell'umore rispetto alle non incinte; la sola eccezione era la prevalenza significativamente più alta di depressione maggiore nelle donne post-partum in confronto a quelle non gravide. Numerosi ed eterogenei i fattori associati al rischio di disturbi psichiatrici durante l'attesa e dopo il parto: età, stato civile, stato di salute, eventi di vita stressanti, esperienze traumatiche passate. Le donne incinte l'anno prima e a maggior rischio di tali disturbi erano non sposate o vedove o separate, avevano complicanze gravidiche, una vita stressante, una relazione interrotta, un trauma recente, inoltre avevano in genere una salute meno buona rispetto a quelle che non hanno avuto problemi psichiatrici.

L'auspicio è più sensibilizzazione


La gravidanza di per sé non si lega quindi, per gli autori, a un maggior rischio dei disturbi psichiatrici prevalenti, anche se la depressione può aumentare nel periodo successivo al parto. Si identificano però sottogruppi di donne gravide nei quali i disturbi hanno una prevalenza particolarmente alta, e questo sottolinea la necessità di migliorare lo screening e il trattamento, a beneficio della loro salute e di quella dei loro figli. Nello studio le donne incinte l'anno prima che avevano richiesto aiuto per problemi psichiatrici erano significativamente di meno di quelle non incinte, e in altri studi solo il 5-14% riceveva un trattamento. Ma questo significa una maggiore sensibilizzazione sia delle donne sia dei medici, per una prevenzione e interventi mirati e precoci nei soggetti a maggior rischio: ricorrendo, per esempio, a campagne educative, e all'accertamento di routine dello stato mentale durante l'assistenza pre e perinatale. Sulla stessa linea d'altra parte la Società Italiana di Ginecologia Ostetricia (SIGO), che ha pensato a una campagna di sensibilizzazione e a corsi di aggiornamento dopo aver rilevato, con un sondaggio condotto in primavera, che la maggioranza delle italiane ha scarsa conoscenza del problema e che i medici ritengono vada aumentata l'informazione sull'argomento.

Elettra Vecchia



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